lunedì 3 marzo 2014

Per capire come mai è difficile rispondere ad una domanda così semplice bisogna tornare indietro al secondo dopoguerra e citare a memoria due nomi importanti nel bondage fatto con le corde (rope bondage): John Willie e Takashi Tsujimura.

Aspettate un attimo prima d’eclissarvi verso siti più divertenti, non è una lezione di storia, per carità, è solo un piccolo passaggio sul passato per tornare subito al presente. Nel 1947 John Willie inventa una rivista chiamata Bizarre e nel 1948 in Giappone esce il primo numero di una rivista chiamata Kitan Club. Le attività ludiche sospese dalla guerra ricominciano in occidente e in oriente, sostanzialmente, con queste due riviste. Se faticate a prendere quota vi aiuto io. John Willie è quello di “Sweet Gwendoline” di cui trovate qui vicino un’immagine abbastanza rappresentativa. Il filone è delle Damsels in Distress, per capirci, le signorine legate, rapite e seviziate. Più o meno nello stesso periodo un signore dal nome complicato, Takashi Tsujimura, inizia a collaborare in Giappone alla rivista Kitan e grazie al suo impulso il magazine di “cose strane” diventa un contenitore di SM, bondage incluso.

Nel 1950 circa i nemici di un tempo, i giapponesi e gli americani, sono impegnati in una brutta cosa che si chiama guerra, insieme questa volta (giocoforza per i giapponesi, ovviamente) contro la Corea del Nord. In questo periodo e in modo ufficiale inizia il passaggio di stili, nodi e concetti tra occidente e oriente, tra gusto giapponese e stile occidentale, tra John Willie e Takashi Tsujimura che si copiano e si ispirano uno con l’altro fino alla pubblicazione dei lavori di John Willie sul Kitan Club. Colpo di scena!! Sì è così: il magazine sacro del legare giapponese ospita i lavori di un “occidentale” ben poco “giappo” come John Willie e la sua Gwendoline, fin dal 1952.


Takate Kote Gote - Kitan Club 1954

Eppure, nonostante questo travaso continuo tra oriente e occidente abbia iniziato a realizzarsi già prima del 1952, nonostante ci siano immagini che provano e comprovano cosa i giapponesi hanno copiato dagli occidentali e cosa gli occidentali hanno copiato dai giapponesi, ancora oggi la mania (a dire il vero tutta occidentale) di distinguere e sottolineare differenze e origini, forse giuto per darsi un tono esotico di orientale saggezza, ha creato una distinzione un po’ artificiosa e forzata tra “legare all’occidentale” - western bondage – e “legare alla giapponese” – shibari/kinbaku.

Quindi prima di dire “che si fa di una donna una volta che la si lega” si dovrebbe, per dare soddisfazione ai duri e puri delle rispettive “scuole” (occidentale o giapponese) , dichiarare a quale campanile si aderisce e a quale “partito bondagico” si è tesserati.

Sembra facile allora, basta far finta che questa suddivisione esista solo nella testa degli “addetti a lavori”, lasciare a loro i discorsi di lana caprina e parlare in modo generico di bondage con le corde senza specificare a quale “esercito” si fa riferimento, tanto a chi di bondage sa poco questa sottigliezza poco interessa, così come poco interessa a chi scrive, non so se si era capito …

Sarebbe bello ma non è così. La spiegazione del “cosa ci fai con una donna dopo averla legata” qui da noi – anche quando si riesce a cancellare la separazione pretestuosa tra occidente ed oriente – è ancora complicata dal fatto che tutto deve essere o nero o bianco e se una cosa è nero e bianco insieme non va bene perché poi ci mancano gli argomenti per litigare. In virtù e in grazia del fatto che a noi piace tanto litigare, soprattutto in Italia, ci si ritrova alla fine a contare almeno tre diverse “filosofie” connesse all’arte del legare, che la vogliate chiamare bondage occidentale o kinbaku/shibari o con altro nome di vostra fantasia.

Ho personalmente battezzato le tre filosofie come “la via dello Zen”, la “via dell’Arte” e la “via del SM”. Il perché abbia etichettato questi tre filoni di pensiero proprio con quei nomi e non altri lo spiegherò in seguito. Per ora vi dico che, curiosamente, queste tre vie hanno aspetti simili sia che vengano professate da legatori occidentali che legano all’occidentale sia che vengano professate da legatori occidentali che legano alla giapponese.

La prima riflessione che mi viene in mente, proprio ascoltando i miei compagni di corde occidentali, è che possiamo anche legare alla giapponese ma prima di essere giapponesi e legare “sentendo” alla giapponse, forse dobbiamo iniziare a vivere in Giappone, forse mangiare in Giappone e forse anche studiare in Giappone. Anche essere nati in Giappone da genitori giapponesi aiuterebbe, giusto un pochino.

Per questo motivo più avanti mi farò sostituire dalla parole di un giapponese di prim’ordine anche se ormai passato a (spero per lui) miglior vita lasciando a noi l’onere di gestire un sacco di suoi “eredi spirituali” più o meno accreditati.

Ma per arrivarci passo a passo iniziamo a giocherellare un pochino con le corde.

Quella che chiamo la “via Zen” prevede legature che liberino lo spirito imprigionando il corpo. E’ una pratica che per scrupolo ho cercato nei siti Zen ma non ho trovato. Mentre nei siti e nei blog di bondage spesso si riecheggia lo Zen viceversa non ho trovato un solo accenno di bondage o shibari o kinbaku nei siti Zen. Il motivo non mi è ancora del tutto chiaro ma mi riprometto di chiedere a qualche Maestro Zen e attendere con pazienza una risposta, se risposta ci sarà.


Hog Tie in "stile" western bondage (Blue Deep)

Bisogna però dare a Cesare quel che è di Cesare: veder “volare” una persona in un hog-tie (vedasi figura nelle vicinanze) non è cosa che capita raramente, anzi, nella mia esperienza è la cosa che succede più frequentemente. Ci credo, così chiusa e impacchettata, vincolata e protetta una persona che può fare se non abbandonarsi nel ventre materno e tornare alle delizie del pre-nascita?

Però ci sono tecniche di rilassamento anche più efficaci, con minor dispendio di denaro in corde e seminari per chi vi deve legare, con maggiore efficacia e costi ridotti; ad esempio con 45 minuti di massaggio craniosacrale ottenete lo stesso effetto; niente di trascendentale quindi nel bondage occidentale o giapponesiforme, distesi e legati si realizza all’incirca lo stesso meccanismo di attivazione del sistema che i terapeuti chiamano parasimpatico ed è questo meccanimso noto da tempo a darvi la sensazione di volare alleggeriti del vostro corpo. Provare per credere!

La seconda via è la “via dell’Arte”. Sì, lo ammetto, alcune foto di bondage sono oggetti d’arte molto incisivi, sono foto di un estremo rigore tecnico, scattate con mano professionale su legature elaborate e complesse. Sì molte sono indubbiamente belle. Belle come una scultura di marmo o un quadro di qualsivoglia corrente pittorica.


Esinem & Manuel Vason - .Cent magazine

Ma poi guardi e ti rendi conto che quella posizione fotografata può essere mantenuta sì e no tre secondi se no un qualche pezzetto della modella, per forza di cose, deve andare fuori posto. Poi guardi e ti chiedi “ma se la modella non fosse stata così bella la foto come sarebbe stata?”. Poi guardi e ti chiedi … “ma … è arte la foto o è arte la legatura?” Il bondage “forma d’arte” è diverso dal bondage “soggetto d’arte”. Su questo è ora di mettere un punto fermo. In cosa differiscano un soggetto d’arte e una forma d’arte lascio a voi il piacere focalizzarlo pensando ad un quadro perfettamente eseguito che però rappresenta un polmone lessato.

“Non puoi capire le corde se non ami la costrizione”.

Questo è stato detto (in mia presenza) da una modella al suo compagno che cercava di farsi spiegare che ci trovasse (lei) di bello nel farsi legare. Non puoi capire le corde, la loro bellezza, la pienezza e la forza del loro uso se non le cali nel mondo in cui una è costretta, legata, inerme in balia di un altro. Non puoi capire la bellezza delle corde se non capisci lo scintillante, misterioso, caldo, destabilizzante, sensuale, coinvolgente, avvolgente, emozionante, vibrante mondo del SadoMaso.

Le corde, a mio parere, non sono e non possono essere un corpo a sé nel “BDSM” ma sono in tutto e per tutto SM, quel SM che ha il sapore di sottomissione e scambio di potere, affidarsi ed abbandonarsi a chi comanda il gioco in forme sempre diverse ma che, alla fine, cantano lo stesso spartito.

Questa quindi la “via del SM”. Siccome io sono un sostenitore della terza via (non che le altre due mi dispiacciono, se subordinate alla mia preferita) la risposta al signore del locale non poteva che essere: “se accarezzi la ragazza che leghi mentre la leghi, se lei si eccita nell’essere costretta e accarezzata, se la torturi mentre e dopo averla legata e lei si eccita nell’essere legata e torturata, se la penetri o la fai penetrare da altri allora col bondage ci puoi fare tante tante cose interessanti“.

Chiaro che se vuoi stare nel SM ogni cosa che fai prima, durante e dopo la legatura deve essere consensulamente desiderato da tutti ma così la costrizione con le corde, a questo punto anche quella “acrobatica”, ha un suo significato e una sua ragione d’essere di per sé. Per una sub essere appesa e impotente, impossibilitata a difendersi ha un valore costrittivo e umiliativo di grande impatto. Il dover “subire” le sevizie e le attenzioni sessuali di uno o più uomini che di lei si interessano e si prendono cura diventa un motivo di forte emozione, che amplifica il suo ruolo; da legata, “costretta”, soddisfarli tutti e da tutti essere soddisfatta può diventare molto più che una banale “gang bang” come ormai se ne fanno pure nelle riunioni condominiali.

Avevo scritto all’inizio che per investigare nella bellezza del rope bondage inteso anche come sintesi delle tre vie, nessuna esclusa ma nessuna più importante delle altre, non avrei potuto che lasciarvi tra le mani di un uomo, una persona grande nella sua vita difficile come è stato grande nel kinbaku e nel SM.

Nel leggere questa traduzione e queste righe di vita vissuta vien fuori, a mio parere, una visone sensuale del rope bondage, una sorta di esaltazione del SM e della dominazione, della bellezza nella sofferenza inflitta al fine di erotizzarla e sessualizzarla in piacere, quella via che molti “legatori”, Akechi Denki in testa, perseguono, senza dimenticare le altre ma con intenso piacere, dando alle corde un sapore più intimo di relazione e di complicità se non anche di condivisione.

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Il testo che segue è il condensato di due interviste rilasciate da Akechi Denki (nome d’arte di Akechi Shi) grande protagonista della scena SM giapponese fino a 2005, anno della sua prematura scomparsa.

Da uomo e da praticante credo sia una vita che vale la pena venga raccontata.

Akechi Shi nasce in Giappone nel secondo dopoguerra (1946), in un nazione prostrata dalle uniche due atomiche mai fatte esplodere a scopi bellici, in un paese che ancora non ha neanche la forza di seppellire i suoi morti ma che vuole sopravvivere, ha la necessità di sopravvivere, gettarsi alle spalle il passato, ricominciare a fare e sperare.

Da qui la parola ad Akechi Shi

Alla scuola media diversi livelli di scolari venivano ammassati nella stessa classe. Quando era il momento di mangiare diversi studenti venivano usualmente lasciati a parte perché non portavano un cestino per il pranzo; dovevano arrangiarsi con un bicchiere d’acqua. Per me c’era, il più delle volte, appena un po’ di riso con una prugna sott’aceto sopra. Vidi morire molti studenti durante i miei anni di scuola, a quel tempo non c’era nulla di strano.

Mentre crescevo ero fortemente interessato al corpo delle donne. Avevo una ragazza vicina di casa con la quale ero in stretta relazione fin dall’asilo. Con lei spesso giocavo al dottore. Il fatto che non avesse un organo sessuale maschile era molto strano, come se fosse stato ridotto ad un sassolino. Feci alcune cose piuttosto stravaganti. Dopo questo periodo fui molto attratto dai sederi femminili. Spesso spiavo nei bagni dalle piccole finestrelle. Conoscevo in dettaglio tutti i bagni pubblici del circondario.

Quando la vidi [si riferisce ad una copia della rivista Kitan Club, una rivista SM fondata nel 1945] in un vecchio negozio di libri vicino a casa fu un’esperienza che avrei ricordato per tutto il resto della mia vita. Girando le pagine vidi donne che venivano legate, maltrattate, e fu abbastanza sconvolgente da bruciarmi il corpo. Mentre stavo per tirare fuori i soldi per comprare la rivista il proprietario mi abbaiò dietro: “questa non è roba per bambini. Come ti chiami?” e fui costretto a scrivere il mio nome e il mio indirizzo (ride). Al momento rimasi angosciato e pensai a diverse strategie. Un negozio vicino non era fornito. E pensai anche di chiedere ai miei zii. Alla fine acchiappai la bicicletta ed andai ad un negozio di prestito libri nella città vicina, affittai un copia del Kitan Club senza nessuna osservazione dal proprietario del negozio. Appena uscii dal negozio mi misi a pedalare veloce quanto potevo.

Siccome avevamo una buona relazione [si riferisce ad una sua amica] fino al terzo anno di scuola superiore facevamo il bagno insieme. Giocavamo al dottore. Io avrei voluto legarla e farla rotolare a terra. Però venimmo sorpresi dai suoi genitori e loro iniziarono a rincorrermi.

Nel SM c’è una relazione di fiducia. Se il partner non affida completamente il suo corpo con una completa pace mentale è facile che capitino gli incidenti. Quando sto eseguendo una performance io lego piuttosto duramente.

Naturalmente do una grandissima importanza ai limiti della partner. Appena finito l’abbraccio con tenerezza dicendole qualcosa di carino come “sei stata molto coraggiosa”. In quel momento la tensione del kinbaku scompare di colpo e la modella, mentre scarica grandi lacrime, si rifugia tra le mie braccia. In questo momento l’espressione delle ragazze è molto carina.

La prima esperienza reale di Akechi Shi è raccontata così:

Devi capire [si rivolge ad Osada Steve che lo sta intervistando] che la gente come me, la vecchia generazione, ha inziato questo tipo di cose nell’adolescenza. Noi avevamo riviste come il vecchio Kitan Club (non più pubblicato) e cercavamo d’imitare quello che vedevamo nelle riviste, lavori con la corda molto più semplici di quelli che vedi al giorno d’oggi. E si praticava molto. Non solo corde ma tutte le abilità che usavamo negli spettacoli sadomaso. Io avevo una frusta di cinque o sei metri dall’America – una vera frusta da cow-boy. Praticavo per ore lanciandola ancora e ancora e ancora fin quando non imparai come usarla in uno spazio confinato e colpire con precisione. Noi acquisivamo esperienza attraverso la ripetizione delle pratiche.

Ma la cosa più importante è avere una partner con la quale condividire una relazione profonda e basata sulla fiducia. Questa fu la parte più difficile per me – trovare partner. Quarant’anni fa non potevi giusto venir fuori e dire che eri interessato al sadomaso. Non c’erano club sadomaso dove andare e trovare una donna che desiderava essere legata. Così dovevo incontrarmi con una ragazza “regolare” e farle la corte in modo “regolare”, portarla ai caffè e al cinema per sei mesi o perfino un anno, creare una relazione molto profonda prima di azzardarmi a presentarle il bondage. E anche in questo modo molte ragazze erano traumatizzate e inorridite quando tiravo fuori una corda. Mi lasciavano immediatamente. Alla fine una mi disse “Ok, ma solo un pochino”. Ero così grato che piangevo quando iniziai a legarla. Avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Fu come aver trovato un gioiello prezioso.

Avevo allora sedici o diciassette anni. Lo ricordo perché a quei tempi non ti era permesso di entrare in un caffé fino a quando non avevi 18 anni. La ragazza lavorava come cameriera in un caffè. La prima volta andammo in un posto tipo un dormitorio. Io avevo un sistema digestivo piuttosto fragile e così indossavo sempre un sarashi, così lo usai per legarla (un sarashi e un indumento di cotone lungo e sottile che è arrotolato intorno allo stomaco perché la medicina orrientale insegna che è importante tenere gli organi interni al caldo.). Finché indossai un sarashi ero sempre preparato a cogliere un’opportunità di bondage.

Poi le cose per la famiglia di Akechi Shi vanno molto male e lui si ritrova a fare l’apprendista muratore.

Dal momento che si viveva lì dovevamo alzarci alle 6. L’atmosfera era un po’ come essere in carcere. Naturalmente era fuori questione persino toccare gli strumenti. Bisognava imparare soltanto guardando.

Quando il dottore mi disse che difficilmente sarei vissuto oltre i trent’anni mi si oscurò la vista. Ma intristirmi non sarebbe servito a niente. Avevo due sorelle minori che erano state affidate a parenti diversi. Ogni tanto ricevevo delle lettere; non c’era una menzione specifica alla solitudine o alle difficoltà ma lo si poteva sentire dal tono generale delle lettere. Promisi a me stesso che avrei comprato una casa in cui di nuovo tutta la famiglia avrebbe vissuto unita. Se avessi vissuto ogni giorno con doppia intensità magari anche se fossi morto a 30 anni sarebbe stato come morire a 60.

Molto semplice, il trucco era non dormire.

Poi parla del suo modo di provare su se stesso i primi esperimenti seri di bondage.
Eseguii [su se stesso] anche alcune legature dello tsuri [tsuri zene – tortura a mezzo di sospensione della polizia giapponese nel periodo Edo] e probabilmente feci alcuni lavori di legatura assurdi. Mi ricordo che legare me stesso mi creava una strana sensazione d’intossicazione psicologia. Così penso che S ed M sono due lati di una stessa entità.A notte fonda, quando il posto di lavoro era deserto io cercai di convincere una ragazza che lavorava per la mia società a farsi legare. Siccome il mio cuore non era molto in forma io indossavo sempre un sarashi sotto i miei vestiti. Lo presi e lo usai per legare la ragazza. Siccome il posto era spesso usato come negozio o magazzino noi giravamo nudi tra casse e manichini. Inventai un certo numero di giochi in quel periodo. Sebbene per un proprietario di un’azienda sedurre una dipendente richiedesse (a causa delle possibili future conseguenze) una certa quantità di audacia in questo modo ottenni anche una buona conoscenza [comprensione] del kinbaku.In ogni caso iniziai a pensare che avevo solo dieci anni da vivere. Per me una ragazza (una fidanzata) era qualcuna che accettava di morire con me. Mi predevo giusto 3-4 ore di sonno a settima andando in giro in auto con la mia ragazza nella notte. Baciandoci mentre guidavo ad una velocità folle sull’orlo di una scogliera. Questo è un modo per verificare se sei fortunato. Non sapevo se questa ragazza avrebbe retto a lungo. Ma dopo lei scivolò nello spazio sotto il piantone del volante per succhiarmi il cazzo mentro guidavo. Mentre mi godevo un lavoro di bocca arrivò un colpo di sonno e prima di capire che stava succedendo ero entrato in una casa del villaggio. Eravamo completamente nudi.Quando compii trent’anni iniziai a sputare sangue e fui portato in ospedale.I dipendenti venivano in ospedale e protestavano di non poter lavorare sotto quel tipo (mio padre). Mio padre protestava, i debiti iniziarono ad accumularsi. Mia moglie piangeva. Sebbene non avrei dovuto ricevere visite intorno al mio letto c’era il caos. Alla fine mia moglie si prese mio figlio appena nato e scomparve. Mi sentivo in obbligo di fare qualcosa che era davvero al di sopra delle mie forze in quel momento e barcollando come un sonnambulo girovagavo nel mezzo della notte intorno all’ospedale. Inoltre in quel periodo mi capitava spesso di arrivare ad esperienze di premorte. Fluttuavo vicino al soffitto della stanza e potevo perfino vedere la cima della testa dei miei familiari nella stanza.Mio padre era ancora nei guai per delle dubbie speculazioni. Gli chiesi se voleva di nuovo che la famiglia finisse dispersa e iniziai a picchiarlo. Ma mio padre, normalmente cocciuto e con forti braccia, collassò a terra e coperto di sporcizia iniziò a piangere. Vedendolo iniziai anch’io a piangere: “è solo una casa, ne costruiremo un’altra, non aver paura”.Poi parla del suo primo incontro con gli spettacoli SM del GSG Planning.
Era davvero solo un bluff. Era solo un sostituto che non avrebbe soddisfatto le persone che venivano per “cose reali”. Alla fine dello show riuscii a parlare con Sakurada. ‘Quello che stai facendo non è buono’, gli dissi. Così gli mandai anche un intero fascio di vecchi numeri di Kitan Club. Una cosa tira l’altra e alla fine mi unii al suo gruppo teatrale come “shibarista” o supervisore.Legare la popolarissima attrice Kurokawa Mayumi fu davvero un’ottima occasione. Lei diceva di non avere per niente tendenze sub ed era davvero bella. Non c’era un vero e proprio progamma fisso, era più come un’improvvisazione ad-lib basata sulla sensazione del posto, uno spettacolo dove la legatura era davvero costruita al momento. Mostrare diverse legature ogni volta è davvero, realmente difficile. Ma se ci riesci è davvero bello.Ai tempi del GSG Planning c’era un’associazione di Membri Speciali che era una sorta di circolo dedicato ai performer fetish e io mi presi la responsabilità di quel circolo. I membri del circolo mi chiesero di ricominciare di nuovo le attività e questo fu l’inizio del Akechi Denki Club della Fotografia Kinbaku. Per inciso molti dei membri del circolo non erano così giovani e non potevano partecipare facilmente oppure erano stati riallocati e c’erano molti buchi dal punto di vista del budget. Con l’intenzione di prendere nuovi membri e fare di nuovo spettacoli iniziammo con il Phantom Show nel 1987. Il PS è il predecessore del presente [1996] Studio Phantom. Durante il PS feci un gran numero di ‘tsuri-otosu’ (吊り落とす, sospensioni a goccia) che consistono nel lasciar cadere la modella come una pietra da una sospensione fino a pochi centimetri dal suolo. Quando si cade la koshi-nawa [è la corda che si tiene sui fianchi] morde molto forte. E’ molto impressionante da vedersi ma se fate errori la testa della modella colpisce terra e vi trovate tra le mani un grosso incidente. La tecnica richiede un buon controllo del tempo e il pieno controllo dela tensione della corda e non molte persone possono realizzarla.C’erano anche delle volte in cui avrei tirato dei pezzi di cemento alla modella legata in modo che lei potesse schivarli solo all’ultimo momento. Lo sguardo gelato dalla paura della modella e le bocche aperte degli spettatori erano qualcosa di cui alcune volte non avevo mai abbastanza. Magari qualche volta sono andato anche un po’ troppo oltre.

Dal momento che ero così interessato allo shibari andai in molte librerie e musei cercando informazioni sull’uso delle corde come armi. In un libro molto specializzato di arti marziali – ho dimenticato il titolo – trovai diagrammi per tre esempi e li studiai con grande attenzione. Imparai alcune buone tecniche in questo modo ma le riadattai per usarle nel mio lavoro. Le scuole di hojojutsu che operano attualmente custodiscono il segreto delle antiche tecniche e non penso che tollerino che le loro tecniche appaiano in riviste sadomaso.
Nell’era Sengoku (circa 1478 – 1605) i guerrieri portavano corde come armi. Se perdevi la spada potevi acchiappare la tua corda e usarla per deviare la spada del nemico. Potevi lanciarla come un lazo per avvolgere la spada del tuo nemico o mettere pesi ad entrambe le estremità della corda e lanciarla così da avvolgere il corpo del tuo nemico e immobilizzarlo oppure avvolgerla intorno al suo collo per strangolarlo. Ho paura che molta di questa conoscenza non è stata tramandata [è stata persa].Ma alcune moderne polizie e forze militari usano tecniche simili. Le forze speciali italiane e statunitensi usano corde per immobilizzare i prigionieri, legando i polsi e immobilizzando i pollici. E’ semplice ma molto efficiente e molto più a buon mercato che le manette. Ho sentito dire che hanno imparato queste tecniche dalle arti marziali tradizionali giapponesi e che le corde che usano sono molto buone.Ho fatto ricerche anche sulle tecniche della polizia nel periodo Edo. Gli ufficiali di polizia avevano diversi tipi di legature in funzione dello stato sociale delle persone che dovevano trattare e svilupparono diversi modi di legare in funzione di come dovevano essere trasportate. Per esempio se i prigionieri erano inviati per nave alle isole penali dovevano avere le gambe libere per potersi avvicinare al lato della nave nel caso avessero mal di mare.Per me la cosa più importante è che il lavoro di corda sia bello. Il mio stile si è sviluppato nel corso di spettacoli sul palco, nei tempi in cui non c’erano ancora i video. Sentivo che era importante dare agli spettatori qualcosa di unico, qualcosa che non avevano mai visto prima. Così sviluppai il mio stile. L’idea venne da dentro me e il mio goal, il mio principio guida, è di non ripetere mai due volte la stessa legatura. Naturalmente alcune volte capita che alla fine mi ripeta ma nella mente io cerco sempre di fare qualcosa di completamente nuovo. Così anche ora il mio stile sta ancora cambiando e si sta ancora evolvendo.
Quando vado sul palco, all’inizio dello spettacolo, io non ho alcuna idea di quello che sto per andare e a fare. Svuoto la mente e in questo modo le idee semplicemente arrivano a me, dall’interno o dalla partner con la quale sto lavorando. Alcune volte le corde si muovono da sole e le mie mani semplicemente seguono e questa è sempre un’esperienza sorprendente. Io, semplicemente, scompaio. Lo shibari è sempre molto bello quando questo accade.Akechi Denki muore, come già scritto, nel 2005 più che raddoppiando le aspettative di vita che gli avevano dato i dottori anche solo in termini di conta degli anni ma, probabilmente, vivendo in una sola vita la vita di molti di noi.

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Ringraziamenti e risorse

Un primo ringraziamento a Fulvio Brumatti che non solo mi ospita nel Boudoir di Gabbia ma si sobbarca anche il compito improbo e faticoso di leggersi i miei articoli, criticarli e farmeli riscrivere per renderli digeribili al maggior numero di persone possibile. Sappiate che se siete arrivati fino a qui è anche merito (o colpa) suo.Un secondo ringraziamento a chi, volontariamente o involontariamente, mi ha portato a scrivere questo articolo. Con l’età e grazie anche a loro ho imparato a far tesoro di ogni critica e ogni difficoltà e rigirare ogni controversia in occasione per crescere nella conoscenza.
Il terzo ringraziamento, non ultimo in ordine d’importanza, a voi che avete letto i miei pensieri e le mie idee e, soprattutto, a chi vorrà farmi sapere cosa ne pensa sia commentando l’articolo sia inviandomi le sue opinioni in privato (arebludeep@yahoo.it)


DEFINIZIONE DI SLAVE

La parola slave significa “schiavo”, ed è fra le più utilizzate nel BDSM, la si usa per identificare le persone che sono in condizione di “sottomissione”. In Italia molto spesso si fa uso improprio del termine slave attribuendolo a chiunque sia sottomesso, ignorando altri termini intermedi ad esempio come, “sub e bottom”. Volendo precisare con fedeltà il termine, essere slave corrisponde alla forma estrema di sottomissione e consiste nel donare totalmente se stessi al soggetto Dominante, rinunciando a qualunque forma di parità, in particolare fa parte di un rapporto di sottomissione continuo, spesso (24/7) o comunque prolungato nel tempo e finalizzato allo studio e alla comprensione di molti aspetti. Il soggetto sottomesso è consapevole di appartenere al Dom, a condizione che il tutto avvenga sempre nell'ambito di rapporti impostati su SSC o RACK e che tale "appartenenza", anche alla presenza di un contratto BDSM stipulato tra le parti, non ha nessun valore legale. Nel rapporto continuo, il Padrone, la Padrona, chiunque sia il Dominante, svolge un vero e proprio percorso di addestramento nei confronti dei propri sottomessi, che devono imparare e comprendere le nozioni imposte, per poi soddisfare al meglio la volontà e le esigenze del Dom. L'addestramento impartito varia di caso in caso, a volte questo può comportare modifiche all'aspetto fisico ed estetico, delle posture, dell'alimentazione o l'abbigliamento, il Dom al bisogno impartirà le punizioni necessarie al fine di raggiungere lo scopo preposto. In casi particolari l'addestramento può comportare anche una forma di training speciale, in cui il Dominante assegna compiti da svolgere ripetitivamente e in ruoli più specifici.


DEFINIZIONE DI SLAVE
Il termine slave deriva dal latino medievale “slavus”, ed era riferito alle popolazioni slave.
Nel latino classico invece erano usati altri termini come “servus o captivus”, (prigioniero di guerra).
L'uso di considerare slave come sinonimo di schiavo è dovuto alla deportazione di numerose popolazioni slave per opera di Carlo Magno che poi rivendeva come schiavi.
In Europa occidentale gli slavi erano molto diffusi sotto forma di schiavi, e per questo nel tempo, il termine slave ha sostituito nel linguaggio comune il termine captivus, ed è diventato sinonimo di schiavo.
Effettivamente, la definizione esatta di slavus significa “prigioniero di guerra slavo”.

http://www.bdsmers.net/bdsm/view/47-Gli-slave-nel-BDSM-e-lorigine-del-termine/




Il problema del BDSM? È la Scena BDSM

Come accade per ogni forma di sessualità, anche il BDSM nella realtà soffre di bei problemi che mai vedrete nelle sue rappresentazioni più comuni, cioè la pornografia.L’odio da parte dei moralisti? L’incerto status legale? Il costo proibitivo di tante attrezzature? Le poche informazioni attendibili su certe pratiche? Macché: come si può leggere su qualsiasi sito a tema, ciò con cui si scontrano quasi tutti gli appassionati è un nemico molto più terra terra e comune appunto a tutte le forme di sessualità: trovare il partner ideale. O un qualunque partner – proviamo a vedere perché.Poco prima di Natale sulla più attiva community BDSM italiana è comparso il messaggio di un nuovo iscritto. «Ho 28 anni, ho scoperto di essere attratto da queste cose ma non le ho mai fatte né ho ancora capito che ruolo mi si addica di più» diceva in buona sostanza. «Potreste cortesemente dirmi dove possa trovare persone con cui provare questo tipo di esperienze?»La reazione è stata impressionante. Solo nelle prime 24 ore sono stati pubblicati infatti settanta commenti carichi di ostilità, accomunati da un solo concetto: «come ti permetti di venire qui a fare richieste simili? Frequenta a lungo questo forum come facciamo noi, e forse qualcosa succederà.» Le successive, educate obiezioni del poveretto hanno suscitato solo scherno.Alcuni mesi prima a un Sadistique una bella ragazza parlando dello stesso sito mi aveva raccontato incredula la propria esperienza. «Mi sono iscritta, ho compilato il mio profilo ed entro poche ore sono stata espulsa senza che avessi fatto nulla. Quando un amico anch’egli membro ha chiesto spiegazioni, gli è stato detto che ‘era impossibile che una diciannovenne masochista si iscrivesse così, con tanto di foto. Essendo evidentemente un profilo falso, era stato rimosso come da regolamento’.»Strano, perché come tutti i partecipanti alla festa avevano appena potuto constatare, di falso la fanciulla non aveva proprio nulla.Ancora, una cara amica che pratica BDSM sin dall’adolescenza e vorrebbe trovare il proprio compagno di vita mi ripeteva ciò che sento dire da sempre da tutte le appassionate che conosco. «La soluzione più logica per incontrare persone con i miei gusti sarebbe mettere un annuncio sui siti appositi, ma dopo la prima esperienza non ci provo neanche più. In poche ore ho ricevuto infatti centinaia di risposte: tutte incoerenti, offensive, da parte di tizi privi di contatto con la realtà o che nemmeno avevano letto l’annuncio.»
Restando in tema di inserzioni, una coppia che ha richiesto il mio aiuto come personal coach era invece sbigottita. «Ci piace molto il genere fetish e dopo tante belle esperienze all’estero volevamo incontrare altre coppie come noi in Italia. Il nostro annuncio dichiarava massima disponibilità e dalla foto si poteva vedere che fossimo belli e con bell’abbigliamento a tema; l’unica richiesta che avevamo posto era che ci spedissero una foto – anche mascherati – e che dopo il primo contatto ci si sentisse tutti e quattro per telefono per organizzare una cena conoscitiva.» Risultato: solo due risposte con foto, altre quattro farneticanti e nessuno li ha mai richiamati.Ultimo aneddoto, questa volta personale. Da quando nel 2004 è uscita la prima edizione del mio BDSM – Guida per esploratori dell’erotismo estremo io stesso sono diventato persona non grata su tutti i siti a tema italiani. Ogni qual volta intervenissi su un forum numerosi sconosciuti mi bersagliavano di accuse che andavano dall’essere ‘un approfittatore interessato solo a guadagnare sulla pelle degli appassionati’ a vere diffamazioni che hanno richiesto interventi legali.Considerato che la principale motivazione nel mio lavoro consiste nella soddisfazione di aiutare il prossimo a realizzare le proprie fantasie e vivere meglio la propria sessualità, per qualche anno mi sono incaponito a confutare queste aggressioni assurde con la logica e i fatti – finché mi sono reso conto di avere di meglio da fare, al punto che ormai non partecipo più ad alcuno di quei siti.Ciascuno di questi esempi – e ce ne sarebbero moltissimi altri – è l’espressione di un solo fenomeno di fondo, che in Italia ha raggiunto livelli assurdi ma è presente un po’ in tutto il mondo: la scissione dell’eros estremo online da quello reale. O in altre parole: il peggior nemico del BDSM è proprio il “mondo BDSM”, o per lo meno la sua manifestazione più accessibile. Le cose però non sono andate sempre così, e capire cosa abbia condotto a tale situazione può essere molto utile per comprendere anche alcuni meccanismi chiave della psicologia del sesso insolito.
Dal viaggio iniziatico all’orgasmo istantaneo
Se diamo uno sguardo al passato possiamo notare una dinamica rimasta inalterata per secoli. Chi si accorgeva di nutrire un’attrazione verso qualsiasi forma di sessualità alternativa aveva due possibilità: reprimerla cercando di far finta di nulla, oppure intraprendere un vero percorso iniziatico nel tentativo di realizzare le proprie fantasie.Il primo passo era dare un nome alle proprie pulsioni. Un passaggio assai difficile, perché certi argomenti “sconvenienti” erano condannati dalla società, che non solo non ne parlava, ma nemmeno ne ammetteva ufficialmente l’esistenza. Un esempio eclatante anche perché relativamente recente è Psychopathia sexualis di Krafft-Ebing: pur essendo stato considerato per decenni il testo di riferimento su questo tema era stato scritto in latino appositamente per scoraggiarne la lettura da parte della “gente comune”.La fase successiva consisteva nel superare i pregiudizi patologizzanti, comprendere di non essere un malato bisognoso di cure e accettarsi. Poi veniva il momento di cercare informazioni più dettagliate: come si fanno i nodi del bondage? Dove mi procuro una frusta? Cosa si può fare in sicurezza e cosa espone al rischio di finire in ospedale o in tribunale? Chi produce gli abiti e gli accessori che corrispondono ai miei feticismi?

La scarna lista di tutte le edicole che vendevano riviste BDSM in Italia nel 1982
Prima del 1980 non esistevano manuali o riviste che spiegassero queste cose; nel ventennio successivo erano comunque di difficile reperibilità. In Italia la fonte più importante erano per esempio i mensili pubblicati dalle Edizioni Moderne, che tuttavia venivano venduti in meno di cento edicole su tutto il territorio nazionale.A meno di avere la fortuna di conoscere qualcuno già esperto dell’argomento che svolgesse il ruolo di mentore si trattava quindi di un percorso tutto in salita, di cui comunque non abbiamo ancora nemmeno citato la parte più complessa: trovare qualcuno con cui mettere in pratica le proprie fantasie.Di locali specializzati ed eventi aperti al pubblico non se ne parlava neanche. Nel nord Europa c’era qualche bordello più o meno specializzato, tuttavia le possibilità erano sostanzialmente due. La prima consisteva nel convincere il proprio partner ufficiale a esplorare insieme questi piaceri insoliti – ma ben pochi (e poche) osavano rischiare un rifiuto che avrebbe potuto portare allo stigma sociale, l’internamento in strutture psichiatriche, il divorzio o altre sciagure.L’altra era affidarsi – ma solo dagli anni ’50 in poi – ad equivoci servizi di annunci per “cuori solitari” nei quali comparivano occasionalmente termini potenzialmente rivelatori: ‘remissiva’, ‘autoritario’, ‘amante abbigliamento insolito’, ‘di mentalità moderna’… un vero codice segreto al quale si appigliavano migliaia di speranze. Chi ne trovava il coraggio rispondeva allora in maniera semi-anonima, utilizzando il lentissimo servizio di fermo posta per spedire e ricevere la corrispondenza all’apposito banco degli uffici postali, intestandola non a persone ma a numeri di documenti personali.Per arrivare al punto di scambiarsi un recapito più tradizionale potevano passare mesi, e ancora non era finita. Chi sarebbe stato l’interlocutore? La persona descritta nelle lettere, o un mitomane, un pazzo o un ricattatore? E anche nel migliore dei casi, quante potevano essere le probabilità che i suoi gusti corrispondessero davvero ai nostri?È chiaro che in condizioni come queste prima di arrivare alla propria prima esperienza concreta potessero passare molti anni. Anni in cui le persone meno motivate abbandonavano l’impresa rassegnandosi a una vita sessuale più tradizionale, e quelle più caparbie alimentavano invece una passione incredibilmente intensa, inarrestabile.Concetti oggi dati per scontati come la safeword o negoziare limiti e pratiche prima di giocare erano semplicemente incomprensibili di fronte al desiderio ardente di sperimentare finalmente ciò che aveva occupato i propri sogni per così tanto tempo. E se da una parte questo approccio aveva evidenti aspetti negativi, dall’altro garantiva un entusiasmo senza pari.Chi aveva la costanza di percorrere tutte queste tappe fino in fondo, il coraggio di lanciarsi in un’esperienza piena di incognite, la capacità di elaborare le sensazioni provate e la voglia di continuare a cercare nuovi incontri viveva però una vera e profonda trasformazione. Come uno sciamano sopravvissuto a un’ordalia, diventava qualcosa di diverso dalla persona che aveva intrapreso inizialmente una via tanto impervia.
L’ultimo passo – e non per tutti – diveniva allora integrare questa nuova identità sociale. Divenute troppo grandi per i panni stretti dei normali ruoli civili, queste persone sentivano il bisogno di trovare i propri simili, scambiarsi esperienze, costruire una cultura comune che per quanto marginale permettesse loro di sentirsi parte di una tribù anziché solitarie schegge impazzite.

Piano piano, con ulteriori anni di ricerche, si entrava così a far parte di circoli privati, club clandestini, microcomunità che mantenevano i contatti attraverso gli strumenti lenti dell’era analogica.

E poi è arrivata Internet, e ancora più rivoluzionario il Web.
Da un giorno all’altro tutte le informazioni sono diventate accessibili nell’arco di secondi anziché anni. Tutta l’oggettistica divenne disponibile senza sforzo a prezzi anche cinquanta volte inferiori a prima. Tutta la letteratura, la cultura e la pornografia per cui fino a poco prima si poteva rischiare la galera è arrivata in massa, gratuita, facilmente mimetizzabile proprio sulla nostra scrivania. Ma soprattutto si è aperto un universo di contatti immediati.Se fino al 1970 gli appassionati di BDSM potevano sperare di conoscere al massimo una decina di loro simili e fino al 1995 non più di un centinaio, con la Rete sono divenuti immediatamente accessibili centinaia di migliaia di uomini e donne di tutto il mondo – una rivoluzione così epocale da non essere nemmeno descrivibile a parole.

Ma a che prezzo?

Fra biochimica e antropologia
È chiaro che solo un pazzo potrebbe trovare negativo l’avvento di Internet. L’accesso all’informazione ha permesso sviluppi fondamentali nella cultura dell’eros estremo: nella sicurezza innanzitutto, dalla profilassi per le malattie a trasmissione sessuale al concetto di ‘sano, sicuro e consensuale’ delle varie pratiche di cui si compone il BDSM. Il Web ci ha permesso di affrontare le nostre fantasie più oscure senza timore, fornendo gli strumenti per compiere l’indispensabile percorso di introspezione in maniera serena e positiva. Una rete di persone prima ancora che di computer consente la creazione di punti di incontro virtuali e reali, di eventi, di corsi, di arte tematica… di certo nessuno vorrebbe tornare alle difficoltà del passato.Eppure anche la medaglia più splendente ha il suo rovescio. Quello dell’era digitale è paradossalmente proprio la facilità di accesso a tutta quest’abbondanza. Non si tratta di un’osservazione personale, ma di pura biochimica: quando le proprie fantasie possono essere soddisfatte istantaneamente l’organismo non ha il tempo materiale di produrre tutta una serie di neurotrasmettitori che alimentano l’eccitazione e permettono di sperimentare elevati livelli di emozione. Soprattutto, il rilascio di serotonina generato dal raggiungere il proprio obiettivo – non solo l’orgasmo, ma anche il semplice trovare lo stimolo esatto che si andava cercando – fa precipitare immediatamente l’interesse.Perché impegnarsi a ricercare e creare l’incontro dei propri sogni, se per quanto concerne il nostro organismo si può ottenere lo stesso effetto molto più semplicemente facendo un breve giro su Youporn?
Beh, per esempio per risolvere quel bisogno di appartenenza sociale di cui parlavamo prima. Ma anche questo aspetto viene abbondantemente servito dalla Rete e dalle sue community virtuali. Difficile sentirsi un outsider maledetto quando in pochi minuti è possibile iscriversi a sei o sette forum su cui comparire con un’identità “perfetta”.Fino a quindici anni fa definirsi ‘master’ per esempio era una discreta impresa. Bisognava incontrare qualcuno che riconoscesse il ruolo, dimostrare la propria competenza, meritare il rispetto altrui. Per fregiarsi del titolo di ‘schiavo’ era necessario essersi messi concretamente a disposizione di qualcuno, avere subito il suo sadismo, essere stato in grado di accettare ed elaborare la sofferenza che ciò comportava.Tutto ciò è scomparso come le proverbiali lacrime nella pioggia. Nella maggior parte dei casi per conquistare queste e altre cariche oggi è sufficiente selezionarle in un comodo menu a tendina. Online nessuno potrà mai costringerci a dover dimostrare alcunché. In effetti, la maggior parte di chi “pratica” BDSM in Rete non ha alcuna esperienza concreta di ciò di cui discute, né alcuna voglia di mettersi davvero in gioco nel mondo reale.Anche la civilissima tolleranza tipica degli ambienti virtuali è un boomerang. Senza nessuno che scacci gli indesiderabili, in qualsiasi community è fisiologico che siano proprio i più squilibrati a prevalere – diffondendo a volte teorie e informazioni che se messe in pratica risulterebbero addirittura pericolose.Il problema, a ben vedere, non è nemmeno questa scissione fra virtualità e realtà. Pensiamo al mondo dello sport: nessuno si è mai lamentato se a una partita di calcio partecipano solo 22 atleti rispetto alle centinaia di migliaia di tifosi che seguono l’incontro dalla comodità dei loro divani. L’esistenza di una comunità di simpatizzanti è perfino un complimento.Il guaio è che nel caso del BDSM la tifoseria è così mostruosamente numerosa, così caciarona, così violenta da avere invaso completamente il campo in cui quei poveri calciatori avrebbero tanto voluto poter giocare tranquilli la loro partita. Non c’è da stupirsi se questi ultimi a un certo punto si siano stufati e siano andati altrove a tirare due calci al pallone.Se però in questo modo tifosi e atleti hanno trovato la propria serenità, che dire di quelle poche anime candide che nutrono ancora il sogno di giocare in serie A? Uscendo di metafora, cosa succede oggi a chi desideri avvicinarsi davvero al mondo dell’eros estremo?La risposta l’abbiamo vista all’inizio dell’articolo. Persone piene di ottime intenzioni fanno la cosa più logica: cercano su Google, trovano un’infinità di siti a tema… e si scontrano con la “cultura” della virtualità. Arrivati a questo punto potranno avere due possibili reazioni. La prima, più frequente, è di pensare «questa gente e questo mondo sono del tutto diversi da come me li ero immaginati, e non ci voglio avere niente a che fare», passando subito ad altri interessi.La seconda è tentare di comprendere quella mentalità, fino a che o si rinuncia o la si accetta. Risultato: ogni giorno che passa la “Scena” online si arricchisce di nuovi proseliti che contribuiranno a tenere lontani coloro che vorrebbero concretizzare le proprie fantasie. Cioè proprio coloro di cui chi frequenta i siti stessi lamenta costantemente la mancanza. È brutto dirlo, ma la risposta alla domanda «dove sono tutte le ventenni in calore e gli stalloni raffinati e bellissimi?» è solo: «altrove, perché li hai scacciati tu».

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La storia del BDSMblem (traduzione automatica inglese - italiano)

C'era una volta, quando ancora l'America Online (AOL) era una società grintoso parvenu piccolo andando contro i grandi ragazzi, era sede di una serie di piccoli grandi comunità - tra cui un ambiente caldo, coraggiosa e comunità BDSM spesso perseguitati. Entro la fine del 1994 AOL era cresciuto enormemente e la comunità BDSM era cresciuta con esso, overspilling sua una sala riunioni originale e frammentazione in diversi Sottocomunità. Eppure, gran parte delle interazioni tra lungo timer si è svolta in un paio di stanze di chat e di cartelle di un D / s nei rapporti bacheca delle questioni in zona salute mentale. Fu in quella bacheca a volte a fine '94 che un discussione su un simbolo BDSM evoluto da questa progressione di domande: quanti di noi veramente ci fosse là fuori in qualsiasi folla casuale? Come molti non potevano permettersi di essere fuori dei loro interessi BDSM per paura di persecuzioni? Ci potrebbe essere un modo per individuare l'altro in un amichevole, modo non trolling? C'era forse un simbolo potremmo indossare per identificare noi stessi a vicenda senza che nessuno al mondo vaniglia spesso ostile di essere il più saggio? La conversazione procedeva sia sul bordo e in mail privata. La bandiera orgoglio pelle si avvicinò, certo, ma che non ha soddisfare le diverse esigenze delle persone per qualsiasi combinazione di 4 diversi motivi:

Alcuni si consideravano in una diversa sub-cultura che la gente "pelle" in modo da non sentire come il simbolo di orgoglio pelle era davvero la loro.
Alcuni temevano che il simbolo di orgoglio in pelle era troppo noto per essere abbastanza occulta. E 'stato un simbolo di orgoglio, dopo tutto, e lo scopo di dichiarare interesse BDSM ad alta voce, che lo rende inadatto per coloro che avevano bisogno di discrezione.
Alcuni pensavano che il simbolo, anche se non è ben noto, quindi ovviamente aveva un significato che non volevano essere chiesto che cosa il perno che avevano addosso significava.
Alcuni semplicemente non mi piaceva il modo in cui guardava.
Il mio volontariato a venire con un simbolo e guardare in avere perni Made incontrato con l'incoraggiamento immediato. Così il mio primo passo è stato quello di sollecitare l'input sulle idee. Mi incammino queste linee guida:
Non era stato - e non era probabile che sia - cooptato da adolescenti, ciclisti, o ventilatori di metalli pesanti
Era sottile e abbastanza discreta in modo che potesse essere indossato in un ambiente di vaniglia senza alzare le sopracciglia o domande
Era abbastanza distintivo per essere riconosciuto da coloro "che sanno"
Una immagine prende forma

Un'idea è stato ripetuto più volte - prendere dalla descrizione dell'anello dal racconto di O. Almeno una persona ha un rapido schizzo di quello che pensavano che sembrava, che in parallelo la strada ho visto nella mia testa in quel momento. Il disegno a sinistra è diventata la mia proposta iniziale per il gruppo. Questo disegno è stato creato in CorelDraw attraverso qualche approccio contorto che sono sicuro che ogni vero artista grafico otterrebbe una risata sopra, ma per il Sticky Fingers di Harcourt Fenton Mudd, l'ho fatto e io sono fiero di esserlo! Questo progetto non rimase a lungo, però, per varie ragioni, la maggior parte delle quali hanno a che fare con la mia venuta a rendersi conto che questo disegno significava già qualcosa. Ho imparato presto che altre persone hanno avuto un'idea alternativa di ciò che la "O" simbolo era, ed era un po 'diverso da quello che avevo disegnato. Nelle altre descrizioni che ho letto, le estremità di ogni raggio, piuttosto che chiude nel cerchio, hanno continuato a schiena curva verso il basso e intorno fino a formare una sorta di P. curvo Troverete una rappresentazione goffa di quel disegno, così come quello di cui sopra, sul che cosa è e non è la pagina BDSMblem. Inoltre, ho sentito che alcune società era già in commercio gioielleria "O" in quella forma. La differenza nel design era in realtà un sollievo perché stavo avendo ripensamenti sulla duplicazione descrizione del libro. Sembrava possibile violazione del copyright e volevo nessuna parte di una cosa del genere. Io proteggo i miei diritti di proprietà intellettuale e rispetto degli altri pure. Pertanto, l'idea di un design ispirato, ma non identico, il progetto "O" ha molto più senso. Ho fatto notare al resto del gruppo, ma ho poca risposta e nessun dissenso. A quanto pare, la cosa era praticamente stato lasciato in mano a che fare con quanto ho visto in forma. Anche se questo non era il disegno "O", però, non c'era un altro potenziale problema legale. E 'stato un design semplice e piacevole. Quali erano le probabilità che qualcuno stava già usando per, diciamo, un logo aziendale? Sembravano troppo alto per il mio conforto. Ho avuto visioni di persone che indossano pin come questo - o forse shirt con il design - in una società di pic-nic e di essere avvicinato da sorridere la gente a parlare di fruste preferito. O anche dirigenti di società che erano BDSMers stessi scoprendo l'emblema e che diventa rosso, indirizzando i loro avvocati di inviare una di quelle "E 'venuto alla nostra attenzione" lettere a modo mio. Che poi ho capito è che io avevo in effetti visto che il design prima, ma non come un logo aziendale. E 'un disegno comune nella vecchia arte celtica e spesso indicato come un Triskele celtica. E 'ancora popolare come simbolo della tradizione celtica ed è utilizzato da coloro che seguono la spiritualità celtica pagana. E 'frequente in gioielleria, in arte storica e anche, sì, nel logos. Nella mia mente, che ha aperto una porta di opportunità. Che cosa potrebbe essere migliore, dal punto di vista del potere discrezionale, che avere un simbolo che era appena abbastanza simile a qualcosa di neutro in modo da non sollevare l'attenzione? Sarebbe una forma di camuffamento. Ciò che era necessario erano differenze nei dettagli per rendere il BDSMblem riconoscibile come simbolo BDSM e non qualcos'altro. somiglianza del BDSMblem a una versione 3-parte del simbolo Yin-Yang aveva, ovviamente, stato evidente fin dall'inizio. Così il mio primo pensiero è stato quello di aggiungere puntini dentro i campi neri. Questo pensiero non è rimasto con me a lungo. Per una cosa, che potrebbe rivelarsi un simbolo di copyright esistente facilmente come gli altri. E c'era una fastidiosa sensazione che avevo visto un tale progetto come quello prima di troppo - questa volta come un simbolo religioso orientale di qualche tipo. Da allora ho detto che il disegno pensavo è conosciuta come una Ruota del Caos, ma devo ancora verificare che il nome. Io ora so che le variazioni di una versione tratteggiata hanno una ricca storia in arti asiatiche, in particolare nelle varie tradizioni buddista e taoista. Avevo bisogno di una variazione praticamente certo di essere unico -. Che sia o una vincita alla lotteria che mi permettesse di pagare per una ricerca di anteriorità costoso Quando la soluzione che mi ha colpito è sembrato sia così ovvio e così perfetto che ho effettivamente ridacchiò ad alta voce. Vorrei usare i fori al posto dei puntini. L'uso di fori era altamente significativa. Per una cosa, vorrebbe dire che il simbolo avrebbe rivelato il suo vero disegno solo in 3 dimensioni. Non che i fori non possono essere facilmente rappresentati in disegni a 2 dimensioni, ma sono una complicazione inutile - non il tipo di cosa che qualcuno avrebbe preso come simbolo aziendale marchio registrato. Inoltre, il significato per il Emblem cominciava già a formarsi nella mia mente e fori fissati nello schema magnificamente, come sapete dalla lettura della spiegazione.

L'idea diventa progetto Pin

Forse dovrei eseguire il backup di un attimo qui e notare che a questo punto non c'era veramente ", l'emblema", come inizialmente venne chiamato. Non che questo è molto più di un nome di entrambi, ma se la cosa avesse un nome a tutti, al momento sto descrivendo adesso era: "Che cosa pin che Quag sta lavorando." In effetti, l'intero sforzo veniva indicato semplicemente come Il Progetto Pin, che avevo battezzato per mancanza di meglio. Sarebbe fuorviante dire che l'intero gruppo di discutere il simbolo di sviluppo firmato fuori sul mio disegno riveduto. Sarebbe più esatto dire che la risposta è stata: "Sì, va bene, grande, quando si può ottenere i perni fatti? Stiamo aspettando!" Quindi, una volta che ho capito che nessuno aveva trovato alcun problema che avevo trascurato, sono andato alla ricerca di un produttore. In realtà, c'era un po 'di sovrapposizione, ma ora tutta l'enfasi era sulla decidere chi avrebbe fatto la cosa. Ho trovato diverse aziende che hanno fatto distintivi e ordinato campioni del loro lavoro. Ma uno si distingue dal resto. Come ho detto, ci chiamavamo questo il Progetto Pin, ma in questo periodo (che deve essere stato presto '95) alcune delle donne ha aggiunto un tocco molto ragionevole per i piani. Volevano sapere se questo simbolo potrebbe essere prodotto come un ciondolo per una collana e un perno. Ho promesso di guardare in quella. Altri chiedevano di tutto, da anelli di orologi da polso, ma che sembrava prematuro. L'azienda ho optato per era più costoso rispetto agli altri, ma difficilmente irragionevole. Li ho proposto al gruppo in quanto:

Avrebbero gettare i perni come medaglioni di metallo piuttosto che timbra loro di plastica.
Farebbero pendenti senza necessità di un ulteriore stampo costosa purché fossero la stessa dimensione del perno.
Potrebbero fornire diverse finiture e prodotti aggiuntivi su tutta la linea.
Avrebbero messo il medaglione su un accendino Zippo, e volevo uno di quelli.
Ho chiesto al gruppo se il prezzo risultante (ovunque da circa $ 15 a circa $ 20, a seconda della finitura) è stato nel range che avevano in mente e sono tornati un clamoroso e multiple, "Sì! Andiamo!" Ho mandato il produttore un grande disegno di progettazione e un assegno per lo stampo iniziale facendo e abbiamo optato per le specifiche di produzione. Poi mi misi ad aspettare i prototipi. Sorta.


L'idea si diffonde

Fu in questo periodo che il progetto ha lasciato i confini di AOL e si trasferisce a rete. In particolare per il newsgroup alt.sex.bondage (ASB - alzi la mano chi si ricorda i newsgroup). Ho messo i messaggi ci spiega che cosa stava succedendo e invitare qualsiasi che erano interessati ad aderire al progetto Pin a mandarmi una email. Molti lo fecero e ha ricevuto una spiegazione più dettagliata del progetto e questo ormai arcaico presto schizzo. (UUEncoded. Chi si ricorda quando abbiamo dovuto farlo?). Molte di quelle persone eventualmente ordinato spille e ciondoli. Questo, tra l'altro, è stata anche la prima versione dello stemma mai ad apparire sul Web quando è stato gentilmente inviato da il webmaster a Multics Wizvax. L'idea emblema non ha esattamente creare una tempesta di applausi e polemiche - almeno non da norme ASB - ma lo ha fatto entrare per una quota equa di discussione. Mi ricordo che c'erano un paio di persone che sembravano a considerare l'idea di un affronto al simbolo Orgoglio pelle e denigrato il tutto. Altri sostenevano. Nel frattempo, stavo raccogliendo ordini. Avevo fronteggiato i soldi per il conio iniziale e pagava per un sacco di tempo online e le telefonate. Lettori più giovani non possono ricordare i giorni di un tempo, quando AOL carica di minuto in minuto, ma molti di noi vecchietti ancora fare. E, oh Heavens Above mi ricordo quelle bollette telefoniche! Dopo tutto questo, non potevo permettermi di acquistare una grande corsa iniziale e spero solo che gli ordini sarebbero venuti. Quindi stavo prendendo ordini in anticipo con l'accordo che i controlli sarebbero seduti qui fino a quando non incassati prodotto è stato spedito. Dal momento che le persone hanno scelto di fidarsi di me, ho appena avuto un grasso busta gialla con i pre-ordini. Alla fine di marzo del 1995, ho avuto i prototipi a portata di mano. Si sbagliavano. La zecca aveva lasciato i fori e lo stampo avuto una imperfezione in uno dei bracci curvi. Si sono scusati e hanno promesso correzioni in circa una settimana. I nuovi prototipi apparsi il 7 aprile con gli errori corretti e uno nuovo al suo posto - il cerchio era fuori di colpo. Il 15 aprile, un giorno non è generalmente noto per la buona notizia, mi ha inviato un avviso a tutti coloro che avevano ordinato o manifestato interesse. E 'iniziato: "Va bene, ho appena ricevuto la terza serie di prototipi e questa volta sono splendidi Quindi siamo pronti per partire!!" Avevamo deciso di consentire ancora qualche settimana per l'ultimo pre-ordini minuto, in modo l'ordine di produzione iniziale è stato posto durante la seconda settimana di maggio, 1995. Le prime spille e ciondoli uscirono circa sei settimane dopo. Per qualche tempo dopo, gli ordini continuano ad arrivare alla spicciolata, che mi permette di inserire più ordini di produzione piccoli e tenuti appena sufficiente a disposizione per soddisfare la domanda. Nonostante il fatto che il grido di battaglia era sempre stato: "Abbiamo bisogno di un perno," fin dall'inizio, ciondoli superò penne da un intero gruppo a uno. Un senso solo far cadere il nome di "progetto pin" e io ho chiamato questo sforzo "Il Progetto Emblema" da allora. Durante la fine del 1997, l'emblema è esplosa in tutto il web. Mentre sempre più persone diventano consapevoli del emblema e il progetto, le buone cose cominciarono ad accadere. Gli ordini sono aumentati al punto in cui ho potuto ampliare la linea in portachiavi e fermasoldi e infine in oggetti di metallo prezioso di argento sterling e oro 14 carati. Silverfoot creato la prima versione di un tanto atteso Emblem Ring. Il progetto ha preso sempre di più del mio tempo, ma era più che pagare per se stessa e ha continuato a crescere. In realtà, come le vendite sono cresciute, sono stato in grado di rendere sempre più grandi produzioni ordini che mi ha permesso di abbassare drasticamente i prezzi, anche i miei produttori hanno alzato le tariffe. Nel corso degli anni, i nuovi prodotti sono andati e venuti e la domanda è cresciuta e bassi e che economica questioni ammessi. L'emblema è stato più di 10 anni quando finalmente mi ha colpito che il nome "L'emblema", scelto semplicemente perché non riuscivo a pensare a niente di meglio, avrebbe dovuto essere chiamato BDSMblem. Non ho mai avuto intorno a cambiare, ma che sto facendo così ora con la fine del 2012 di revisione del presente sito web. Altri cambiamenti e gli sviluppi sono senza dubbio più avanti. Sono ansioso quanto chiunque di scoprire che cosa essi saranno.

Masochismo
Universo del Corpo (2000)
di Vittorio Volterra

Masochismo
Il termine masochismo fu coniato dallo psichiatra R. von Krafft-Ebing per contrassegnare una perversione psicosessuale, documentata dalla vita e dalle opere dello scrittore austriaco L. von Sacher-Masoch. Esso indica sia una perversione sessuale, per la quale il soggetto gode del dolore inflittogli da altri e l'atto sessuale viene compiuto solamente in uno stato di avvilimento e di sofferenza, sia un tratto del carattere proprio delle persone che ricercano maltrattamenti e umiliazioni.
La riflessione di S. Freud sul masochismo si è articolata in tre fasi successive: nella prima (1905-19) lo ha inteso come trasformazione del sadismo diretta contro il soggetto stesso; nella seconda (1919-24) come fenomeno regressivo causato dal bisogno inconscio di punizione (dunque non solo come perversione sessuale ma anche come tratto del carattere); nell'ultima (1924-37) come espressione della pulsione di morte. Freud distingue fra masochismo primario e secondario e, per altro verso, fra masochismo erogeno, femminile e morale. Nel masochismo primario, che corrisponde all'erogeno e ha basi biologiche, la pulsione di morte, unita alla libido e da essa controllata, è originariamente diretta sul soggetto; nel masochismo secondario, il sadismo, rivolto in un primo tempo verso l'esterno, si dirige solo successivamente verso il soggetto. Il masochismo femminile è legato a componenti passive, che sono presenti in entrambi i sessi e che, allorché le pene siano inflitte dalla persona amata, richiamano fantasmi di sottomissione. H. Deutsch (1945-47) rileva che quest'aspetto masochista serve alla donna per raggiungere la femminilità, mentre all'uomo pone problemi durante l'età evolutiva, dovendosi integrare nella sua personalità. Nel masochismo morale è il senso di colpa ad agire e a sollecitare la punizione.
Si parla di masochismo, parafilia o perversione, quando un soggetto, tramite fantasie, impulsi e comportamenti ricorrenti, non può raggiungere il piacere sessuale senza infliggersi o sottomettersi a una sofferenza fisica effettiva (essere picchiato, legato ecc.), o a un'umiliazione risultante da trattamenti variabili, di cui il soggetto decide in anticipo le modalità. Questo comportamento è in genere programmato e costruito: la pratica si inscrive in una messa in scena, di cui il masochista elabora la regia con rituali e regole precise, come in una liturgia. Mentre il sadico obbedisce alle esigenze provenienti dall'inconscio quasi senza rendersene conto, il masochista le riconosce, le utilizza e vi si sottopone per il piacere che gli procurano, anche se ne ignora il significato, dato che la meta da raggiungere è la sofferenza, o la sottomissione, o l'umiliazione. T. Reik (1940) nota che, perlopiù, le azioni violente anche con oggetti (per es. flagellazioni ecc.), per raggiungere lo scopo, devono essere ben percepibili, ma d'intensità controllata e definite in anticipo (per cui le sevizie raramente sono accompagnate da complicazioni) e, se possibile, esibite (con presenza di un testimone). Nell'ambito della pratica masochistica, di solito l'orgasmo sopraggiunge dopo una crescita graduale dell'eccitazione, in genere, non oltre un certo limite (fattore sospensivo), fino ad arrivare allo stato desiderato di sofferenza-piacere nella cornice di un programma prestabilito nei dettagli da soddisfare. Non è raro che il soggetto, se non può tradurre i suoi desideri nella realtà, ricorra all'immaginazione, avvalendosi di una masturbazione eseguita con tecniche dolorose, accompagnata da fantasie, fotografie, o visione di videocassette rappresentanti scene di sevizie e di sofferenze. Tali fantasie, così come gli impulsi sessuali e i comportamenti, causano al soggetto un disagio clinicamente significativo e una compromissione dell'area sociale e lavorativa o di altre importanti aree (American psychiatric association 1994).
Anche se in genere la violenza richiesta dal masochista risulta contenuta, essa può essere talora molto forte, perché il desiderio d'umiliazione e di sofferenza può non avere limiti, soprattutto se il rapporto avviene con partner considerati solo strumenti della volontà masochistica. In quest'ambito, una forma particolarmente pericolosa è l''ipossifilia', che può essere attuata da soli o con un partner. In questa pratica, l'eccitamento sessuale è provocato dall'asfissia e il soggetto si priva dell'ossigeno attraverso un nodo scorsoio, un laccio, un sacchetto di plastica, una maschera, la compressione toracica, o l'inalazione di una sostanza atta a determinare un'ipossia cerebrale ecc., fino a perdere coscienza; questo momento è spesso preceduto da fantasie sessuali in cui altri lo soffocano o lo danneggiano. Altri masochisti praticano rapporti sessuali senza precauzioni, che li mettono a rischio d'infezione e di malattie trasmissibili per via sessuale. Il disturbo masochistico di personalità, da distinguere dal masochismo sessuale, è invece una modalità pervasiva di comportamento autofrustrante che inizia entro la prima età adulta e si manifesta in diversi contesti. L'individuo cerca di evitare o di guastare le esperienze piacevoli, si mette in situazioni o rapporti che lo fanno soffrire o, in circostanze dolorose, impedisce ogni modalità di aiuto in suo favore. Spesso, per sentirsi ferito, sconfitto o umiliato, fa sì che ci si adiri con lui o lo si rifiuti; tende a fare per gli altri cose che richiedono un grave sacrificio anche se questo non è sollecitato da coloro che ne vengono beneficiati; sceglie persone o situazioni che gli possono procurare delusioni, fallimenti o maltrattamenti. A eventi personali positivi (successi professionali ecc.) reagisce con depressione, sensi di colpa o con comportamenti che procurano sofferenza (per es. incidenti). Reik parla di masochismo verbale a proposito di chi gode nel sentirsi dire parole offensive e umilianti, di masochismo sociale per chi ama atteggiamenti di subordinazione e di sottomissione e, infine, di masochismo di massa per chi rinuncia alla propria individualità inserendosi in un gruppo succube di un tiranno o di un dittatore, che può rappresentare la propria immagine idealizzata. Nel masochismo morale, o psicologico, dato da un'introflessione degli impulsi aggressivi, non c'è necessariamente un legame tra dolore e piacere sessuale, che è invece caratteristico in quello erogeno: questo tipo di masochismo (chi ne è affetto assume sempre il ruolo della vittima) si distingue dal masochismo-perversione perché investe il complesso della personalità e costituisce la base di molti disturbi psicopatologici, soprattutto delle nevrosi. Per E. Bergler (1949), ne costituisce addirittura il fondamento. Secondo tale autore, mano a mano che la personalità si evolve, il tentativo di soluzione dei conflitti primari viene contrastato dalla coscienza morale, ossia da quella istanza interiore che Freud chiama Super-Io. Le reazioni dell'Io sono allora volte a ricercare una possibile difesa o un 'alibi', destinato a correggere la posizione iniziale. L'adozione dell'uno piuttosto che dell'altro tipo di difesa dà luogo, secondo Bergler, all'una o all'altra struttura nevrotica, la quale non sarà, pertanto, solo espressione di una difesa diretta contro impulsi primitivi ricusati, o un compromesso fra tali impulsi e altre esigenze della personalità, ma si identificherà con una messa in scena, volta a coprire un conflitto più profondo e basilare. Il nevrotico, infatti, può ben dirsi essere la 'vittima consenziente' (masochista) di una serie di divieti non elaborati in altro modo. Questo 'masochismo di base' non è mai totalmente eliminato, neppure negli individui cosiddetti normali, per cui se ne possono individuare i residui in ogni persona.
In sintesi, quindi, da tale 'posizione masochistica', alla quale nessuno completamente sfugge, vengono a strutturarsi molteplici sindromi nevrotiche e caratteriali, che si configurano più precisamente allorché il bambino si sente o s'immagina colpevole nei confronti dell'oggetto d'amore e mette in moto meccanismi di espiazione, riparazione o autopunizione. Il masochismo morale, secondo la psicoanalisi, nasce dal fatto che il bambino di pochi giorni o mesi dipende, per la sua sopravvivenza, in modo quasi esclusivo dalla madre, ossia dall'oggetto d'amore adulto, e dal fatto che egli avverte tale relazione come assolutamente indispensabile, anche se la percepisce come incerta, frustrante, ansiogena o persecutoria. Ciò comporta la mobilitazione di notevoli quantità di energia per conservare questo rapporto, pur vissuto in modo sofferto. Le cariche d'energia distruttiva che il soggetto rivolge allora all'oggetto per le frustrazioni, o per gli attacchi subiti o presunti, portano a un aumento dell'angoscia e a un'ulteriore mobilitazione della libido, onde evitare il temuto allontanamento, la scomparsa oppure la distruzione dell'oggetto stesso. Il soggetto può anche vivere il dolore e l'umiliazione come un male minore rispetto alla castrazione inconsciamente temuta per i propri desideri sadici e incestuosi (anche se il complesso d'evirazione è un aspetto evolutivo psicoistintuale del tutto normale) e può cercare di controllare la propria aggressività mediante l'identificazione proiettiva. È proprio tale infelice tentativo di risolvere la crisi del rapporto oggettuale che può dar luogo al carattere masochistico. Nella clinica, la distinzione tra forma attiva e forma passiva di algofilia viene spesso a cadere, dal momento che sadismo e masochismo sono frequentemente riscontrabili nella stessa persona; Freud li considerò come i due versanti della stessa perversione che possono coesistere nello stesso individuo. La coppia sadismo-masochismo è quindi intesa come una delle antinomie che caratterizzano la vita sessuale, quali attività/passività, maschile/femminile, fallico/castrato ecc.; in essa, secondo il principio della 'coeccitazione libidica', l'inclinazione distruttiva, presente sia nel sadismo sia nel masochismo, è funzionale all'eccitazione erotica. "Chi prova piacere a infliggere dolore agli altri, in relazioni sessuali, è anche capace di godere il dolore da questo derivato come un piacere. Un sadico è sempre in pari tempo un masochista, sebbene l'aspetto attivo o quello passivo della perversione possa essere in lui più sviluppato e costituire la sua attività sessuale prevalente" (Freud 1905, trad. it., p. 472). Sadomasochista viene quindi chiamato il rapporto complementare e simmetrico di sadismo e masochismo che, nell'evoluzione della vita pulsionale, si manifesta sia a livello interpsichico, come dominio/sottomissione, sia a livello intrapsichico, come castigo/autopunizione. G. Deleuze (1987) ritiene però che vi siano differenze sostanziali fra il sadico e il masochista: secondo questo autore, il sadico è più speculativo e il masochista più immaginativo; il primo tende all'accumulazione degli atti, il secondo ne coltiva piuttosto la qualità; il sadico ricorre volentieri all'ironia, il masochista sfrutta il ridicolo; quello distrugge e nega la madre identificandosi con il padre aggressivo, questo rifiuta la madre e annienta il padre; il primo si appoggia sulla violenza delle istituzioni per giustificare i suoi eccessi, il secondo preferisce i contatti particolari; infine il sadico disprezza l'estetica, il masochista la coltiva.

Dizionario di Medicina (2010)

masochismo Anomalia psichica che riguarda prevalentemente la sfera della sessualità e che si manifesta con il bisogno di associare gli stati di piacere e di soddisfazione con condizioni di sofferenza fisica, di mortificazione o di umiliazione. In Freud si trovano distinte tre forme di m.: un m. erogeno, un m. femminile e un m. morale. Quest’ultimo è il più noto e si esprime in comportamenti in cui il soggetto (dominato da un inconscio senso di colpa) assume costantemente il ruolo di vittima; nel concetto non è tuttavia necessariamente implicato un legame tra sofferenza e piacere sessuale, legame che caratterizza invece il m. erogeno.

Masochismo/sadismo

masochismo/sadismo Disturbi psicopatologici del comportamento sessuale caratterizzati da ricorrenti e intensi impulsi sessuali e da fantasie sessualmente eccitanti che implicano – nel masochismo – il fatto (reale, non simulato) di venire umiliati, percossi o fatti soffrire in altro modo, e – nel sadismo – una modalità pervasiva di comportamento crudele, umiliante e aggressivo diretto verso gli altri (➔ perversioni). Una forma particolarmente pericolosa di masochismo, l’ipossifilia, comporta l’eccitamento sessuale da deprivazione di ossigeno. I concetti di masochismo e di sadismo vennero introdotti nella seconda metà del 19° sec. dallo psichiatra Richard von Krafft-Ebing per indicare una perversione psicosessuale documentata dalla vita e dagli scritti del nobile tedesco Leopold von Sacher- Masoch. Nel sadismo come aspetto più generale di un personalità disturbata (➔ personalità, disturbo della), il comportamento sadico si manifesta spesso sia nelle relazioni sociali, specie con i familiari, sia sul lavoro, ma raramente nei contatti con persone in posizione di autorità o di più elevato livello sociale. Nell’ambito dei disturbi sessuali, il sadismo si manifesta con ricorrenti e intensi impulsi e fantasie sessuali che implicano atti reali, non simulati, in cui è la sofferenza psicologica o fisica (oppure l’umiliazione della vittima) a essere sessualmente eccitante. Lo stupro o altri tipi di aggressione sessuale possono essere commessi da soggetti affetti da questo disturbo.
Masochismo e sadismo secondo la psicoanalisi. Il sadismo e il masochismo sono perversioni in quanto la crudeltà o l’umiliazione inflitte o subite sono una condizione necessaria per raggiungere l’eccitazione e il piacere sessuale. L’ipotesi patogenetica è che questo tipo di perversione derivi da un impasto patologico delle pulsioni (➔) sessuali e aggressive; l’erotizzazione della sofferenza sarebbe un tentativo – evidentemente fallimentare sul piano della realtà – di mitigare la pulsione aggressiva. In ambito clinico, si parla di sadomasochismo, poiché – a prescindere dal ruolo che il soggetto mette concretamente in atto di colui che infligge o subisce la sofferenza – egli comunque si identifica a livello inconscio sia nel ruolo attivo sia in quello passivo. Si ritiene inoltre che ci sia un continuum di perversione sadomasochista, che varia in senso quantitativo a seconda della gravità della patologia, tra le fantasie inconsce, le fantasticherie consce e i comportamenti reali. Si distingue quindi l’esercizio generico della violenza e della crudeltà dal sadismo come perversione sessuale. Sigmund Freud distingue tra un masochismo primario, in cui la pulsione di morte è originariamente diretta verso il soggetto, anche se unita alla libido e da essa controllata, e un masochismo secondario, dove il sadismo, prima diretto verso l’esterno, si rivolge ora verso il soggetto. In epoca moderna il termine di sadomasochismo – così come quello di perversione – si va allontanando dalle vicissitudini della sessualità per acquisire diverse accezioni, come tratto del carattere o modalità prevalente delle relazioni.