lunedì 3 marzo 2014

Emotional training: il BDSM come terapia.

Su questo sito scrivo spesso di eros estremo in chiave positiva. L’esperienza e diverse ricerche internazionali insegnano infatti che riconoscere e integrare le proprie pulsioni più “scomode” attraverso una cultura di sicurezza e rispetto del partner fa, semplicemente, stare meglio. Non solo fa scoprire nuovi piaceri, ma eliminando molti conflitti interiori cancella altrettante nevrosi – si tratta di psicologia di base.

Da qui a sostenere che il BDSM possa essere addirittura “terapeutico” però ne passa – ed è per questo che ho reagito con perplessità quando sono venuto a sapere che qualcuno, qui a Milano, stesse applicando le dinamiche dei giochi di dominazione in un contesto di counseling. Chiaramente ho voluto saperne di più, così sono andato a incontrare Tancredi Militano, di professione emotional trainer.

Militano è un biologo con la passione per la neurobiologia e la PNL, ha studiato ipnosi e ha sviluppato, insieme con uno staff di psicologi, una tecnica di riequilibrio personale molto singolare. In effetti ci eravamo già conosciuti anni fa, quando bazzicava l’ambiente degli eventi fetish e BDSM «per curiosità e per studio», come tiene a precisare. L’invenzione del training emozionale è scaturita dall’incontro di tutti questi interessi. «Per un certo periodo mi sono occupato di nutrizionismo, e mi è stato subito evidente come lo stato emozionale dei clienti influisse sui risultati ben più della dieta meglio studiata che potessi proporre loro» racconta. «Allora insieme con alcuni psicologi abbiamo isolato quelle semplici dinamiche da cui derivano la maggior parte dei nostri problemi.»

La mezz’ora successiva è stata dedicata a tracciare uno schema abbastanza tradizionale, che si riassume in poche frasi. «Molti disturbi non sono altro che rabbia e frustrazione che per via della propria cultura personale non si riesce a smaltire, e vengono trasformate in aggressioni inconsce contro se stessi. Queste emozioni sono a loro volta figlie di sensi di colpa e complessi di inferiorità, quindi il primo lavoro è divenire consapevoli di tali pulsioni.» Il modo più rapido di identificarle è comunicando con l’inconscio cognitivo tramite forme di ipnosi leggera (e già qui ci sarebbe molto da approfondire), ma la parte più innovativa e interessante arriva dopo. Cosa si fa una volta che il soggetto è cosciente di come si pone nei confronti della vita e dei propri desideri più reconditi?

Secondo Militano l’approccio più efficace è «dare alla nostra parte irrazionale ciò che essa vuole, per “disinnescarla”. Ma poiché la società giustamente non accetta certe pulsioni estreme, bisogna cambiare gli schemi cognitivi personali. Quello che faccio non è una terapia, ma trasmettere una filosofia di vita che permetta di recuperare la parte istintuale-animale castrata dalle regole sociali. Ragionarci su a parole è la strategia della psicoanalisi, che richiede anni di impegno e che dev’essere svolta da uno psicoterapeuta; un’alternativa è allora rivolgersi ancora una volta all’inconscio utilizzando la sua lingua, che è fatta di simboli.» E i simboli che meglio corrispondono a quei sensi di colpa e complessi di inferiorità citati prima sono proprio quelli della dominazione… ma non proprio come la intendiamo qui di solito.

«Il BDSM non è curativo, ma compensativo» dice il trainer. «Per eliminare i conflitti che mandano in tilt l’inconscio è necessario fornire alla nostra parte irrazionale dimostrazioni concrete e definitive che risolvano le incoerenze fra parte logica e parte irrazionale. Nei nostri incontri mettiamo in scena col cliente gesti archetipici come “la fustigazione”,”il calpestamento” o “la genuflessione”: confrontarsi con le emozioni che tali azioni generano chiarisce in un baleno i propri moti irrazionali interiori.» Mi viene spontaneo chiedergli se ci sia un aspetto sessuale in tutto ciò. «Né sessuale, né estremo. Anzi, il limite del mio approccio è proprio la perdita di gran parte dell’efficacia se il soggetto ha già dimestichezza di questa gestualità, perché risulta di minore impatto e viene caricata di significati erotici che distoglie dall’obiettivo.»

Ma l’obiettivo alla fine qual è? «Imparare a riconoscere, gestire, incanalare le emozioni senza lasciarsi intimorire. Fatto questo, una buona parte dei problemi svanisce immediatamente.» La lunga chiacchierata ha sciolto una parte altrettanto buona dei miei pregiudizi, tuttavia la mia espressione era piuttosto eloquente. «Potremmo fare dibattiti infiniti, ma la miglior prova è il numero di persone soddisfatte dall’emotional training. In un certo senso per me il problema potrebbe essere proprio il fatto che funzioni troppo bene e basti qualche seduta perché non ci sia più bisogno di me… Ma la soddisfazione stessa dei clienti è tale da avere generato un passaparola – anche fra alcuni medici! – che mi tiene fin troppo impegnato. Se no non avremmo dovuto aspettare oggi per vederci, no?»

In effetti l’incontro è avvenuto nel pomeriggio del giorno di Pasqua, l’unico in cui Militano avesse un attimo libero da appuntamenti. Tornando a casa nella città deserta mi è stato difficile trarre delle conclusioni. Tutto ciò che ho sentito era logico e lontanissimo dai pasticci new age di chi solitamente propone soluzioni alternative ai disagi quotidiani; d’altra parte si tratta anche di una svolta al tempo stesso semplice e radicale dai percorsi tradizionali. Possibile che il bon ton della psicologia sia l’unico ostacolo a un approccio così efficace? Del resto anche io ho notato in molte occasioni l’incredibile chiusura mentale dei professionisti nei confronti dell’eros estremo in tutte le sue forme, eppure…

A conti fatti mi sono rassegnato: sono troppo addentro al mondo BDSM per dare un giudizio obiettivo. Ma non parlarvene sarebbe stato un peccato.

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