L'Intervista
Hikari Kesho
1) Alberto Lisi ,quali sono le dinamiche che l hanno condotta ad osservare e amare la cultura orientale?
Sono sempre stato attratto dalle arti marziali, ho praticato judo e karate e questo successivamente mi ha portato ad avvicinarmi alle filosofie di pensiero orientali, approcciando non solo la parte artistica ma anche quella spirituale.
2) Ha memoria del suo primo approccio consapevole allo schibari?
Certo! Ho cercato di copiare una legatura sulla mia sventurata modella e musa del momento, che avevo visto facendo delle ricerche in merito, ovviamente con scarsissimo successo, dovendo slegarla immediatamente per il dolore inflitto sia dal tipo di legatura che di corde usati.
3) Tre sono le dimensioni da valutare a da vivere quando si parla di shibari : quella del creatore,il Rigger, quella della modella,quella dello spettatore. Signor Alberto Lisi ce le può illustrare ?
Il mio approccio artistico con lo shibari è più fotografico che performantico, per cui lo spettatore nel mio caso è il fruitore dell’immagine fotografica più che l’osservatore di uno spettacolo dal vivo, mentre Rigger e modella sono i creatori di un’opera che vive del suo momento ultimo, dell’istante finale in cui l’estetica raggiunge la sua massima espressione.
4) Potremmo associare lo shibari alla scultura?
Assolutamente si, è proprio ciò che spinge la mia ricerca artistica ad usufruire di questa tecnica: utilizzare le corde come mezzo per trasformare il corpo della modella in una vera e propria scultura vivente.
5 ) Come si dispiega tecnicamente la creazione di una sua opera?
E’ un processo abbastanza lungo, che parte dall’individuazione del soggetto, spesso frutto di un’ispirazione data da un luogo, da un’atmosfera o da una modella con particolari caratteristiche, poi c’è il progetto grafico, inteso come composizione che dovrà avere il soggetto all’interno della foto, la parte organizzativa e quella esecutiva, che comportano entrambi una serie di problematiche spesso aumentate dalla particolarità delle locations scelte.
6) Ottenuta la padronanza di tale disciplina,la quale comporta una notevole maestria,cosa ad Alberto Lisi preme di esprimere?
La bellezza, il fascino, l’erotismo…qualità che ritengo intrinseche nel corpo umano, nella fattispecie quello femminile che io prediligo, che cerco di immortalare e, se mai fosse possibile, esaltare con l’aiuto di luce e corde.
7) Quali sono le problematiche che incontra nella realizzazione di una sua opera?
Le problematiche variano a seconda del tipo di progetto: possono essere legate alla location scelta, alla situazione climatica, al carattere o emotività della modella o al suo stato d’animo al momento della performance, come anche alla luce più o meno favorevole, che di regola gestisco con l’ausilio di flash portatili e attrezzature varie per meglio plasmare il corpo della modella. Lavorare inoltre in luoghi pubblici all’aperto amplifica la tensione e mi carica di grande responsabilità nei confronti dei miei collaboratori che si prestano a situazioni sul filo della legalità. Tensione ed emozione non aiutano nemmeno la modella, che si trova esposta e vulnerabile in una situazione difficilmente controllabile, dovendo così affidarsi ciecamente alla professionalità mia e del mio staff.
8) Cosa cela lo scatto finale....cosa invece aggiunge a tutta la progettazione ?
8) Cosa cela lo scatto finale....cosa invece aggiunge a tutta la progettazione ?
Lo scatto finale è quello che, tra tutti quelli effettuati durante la sessione, maggiormente riassume ed esprime le emozioni che io e la mia modella avevamo in animo di esprimere, quando questo avviene l’intero progetto ha avuto ragione di esistere, al di là di esso ogni sforzo sarebbe stato vano.
9) Alberto,cosa prova quando sul finire della creazione immortala l immagine con i suoi scatti?
E’ un tripudio di sensi, è una gioia che pervade l’anima, una grande gratificazione dell’ego .
10) Normale operazione e' fotografare lo schibari eseguito,ma per lei tutto cio' ha un significato diverso, le qualità eclettiche del suo spirito artistico le permettono di dilatare il ''possesso'' della sua creazione.....lei la esegue ,lei la fotografa , stimolante ,impegnativo ,e' un processo per lei assolutamente naturale o una esigenza?
Direi entrambi, mi viene in modo assolutamente naturale dato che nasce dall’unione di due grandi passioni: la fotografia che mi accompagna da tutta una vita e lo shibari che pervade le mie ricerche artistiche da circa 15 anni. Allo stesso tempo è un’esigenza data dalla mia abitudine professionale, prima ancora che di artista, di creare da me i soggetti che vado a fotografare. Nella moda scelgo lo styling, il look, il trucco, pose ed espressioni della modella più adatti a trasmettere il messaggio che voglio esprimere, era una logica conseguenza che nelle mie foto artistiche fossi io a creare il soggetto seguendo le mie emozioni e non interpretando quelle di qualcun altro.
11) Studio dell ambientazione,consapevolezza della struttura del corpo umano , conoscenza tecnica delle legature , dove si proietta maggiormente la sua attenzione?
Paradossalmente quello di cui mi curo meno è la tecnica delle legature, che ripeto per me rappresentano un mezzo e non un fine e che devono principalmente contribuire all’estetica finale. Ovviamente non prescindo dall’aspetto funzionale per ragioni di sicurezza della modella .La rappresentazione dell’estetica scultorea di un corpo e un adeguata ambientazione che ne esalti ancor di più le caratteristiche sul piano emotivo, sono gli elementi su cui più mi concentro.
12) Le diverse tipologie di legatura sono maggiormente delle soluzioni strutturali o simboliche?
Direi “grafiche”, di strutturale c’è il minimo indispensabile per il sostegno della modella, per il resto cerco soluzioni le cui linee traccino percorsi equilibrati e gradevoli all’occhio, come del resto impone la filosofia di pensiero giapponese.
13 ) Le sue realizzazioni che tipo di evoluzione, a suo parere, hanno perseguito?
La più palese è il passaggio dallo studio all’esterno: nella prima fase ero più concentrato sulle corde, avevo bisogno di sperimentare, imparare e la tranquillità dello studio ben si confaceva allo scopo, ma poi in seguito la possibile ripetitività degli sfondi, l’aspetto asettico e poco realistico che ne risultava, non mi bastava più, avevo bisogno di collocare le mie “sculture” in un ambiente che avesse anch’esso qualcosa da raccontare, qualche emozione da esprimere…
14) Quale fra i sui scatti fotografici mi propone come sunto della sua esperienza ?
Sicuramente quello fatto a Venezia in piazza S.Marco, è quello in cui maggiormente si riassumono e si esprimono nel giusto equilibrio, tutti gli elementi che desidero in una mia foto.
15) Alberto nel futuro ,questa sua passione in che contesti si proietterà?
La linea che in questo momento mi stimola di più è quella delle performance artistiche un po’…azzardate, che sfociano nella realizzazione di uno scatto spesso irripetibile, come appunto quello realizzato a Venezia, devo solo individuare chi farà da sfondo alla mia prossima creatura…S.Pietro? la Torre Eiffel?
Giovanni Piccirilli
Vanessa Scamarcia
Interview
– Hikari Kesho
1) Alberto
Lisi, what has driven you to look into and, at one point, fall in love with oriental
culture?
I
have always been attracted by martial arts, I have practiced judo and karate to
the extent that I began to get involved with oriental philosophy, approaching
not only the artistic side but also the spiritual one.
2) Do
you remember your first conscious approach to shibari?
Of
course! While doing some research I came across a tie which I tried to copy on
my unfortunate model, my muse at the moment, obviously with very little success.
I had to untie her rapidly for the pain that both the tie and the type of rope
used were causing.
3) There
is a 3D approach when speaking about shibari : the creators point of view, otherwise
known as the Rigger, the model and the spectator. Mr. Alberto Lisi, would you
like to explain?
My
artistic approach with shibari is more photographical than performant so in my
case the spectator “uses” the image rather than assisting to a live performance
act, while Rigger and model are the creators of a work which takes nourishment from
its very last moment, that final instant in which aesthetics meets its highest form
of expression.
4) Could
we associate shibari with sculpture?
Absolutely,
it’s what drives my artistic research to the use of this technique : using
ropes to transform and enhance the body of the model as if it were a true living
sculpture.
5 )
How does the creation of your work evolve from a technical point of view?
It’s
a relatively long process, which starts with identifying the subject, often
motivated by an inspiring location, an atmosphere, a model with particular
characteristics. Successively there is the graphical project, in the sense of how
the subject should be composed inside the photo. Last but not least, the
organization and the execution which both bring a number of issues, often
increasingly so due the choice of “original” settings.
6) Having
obtained mastery in this discipline, which requires a good amount of competence,
what does Alberto Lisi want to express?
Beauty,
fascination, eroticism …. those qualities which are innate in the human body, more
precisely a woman’s body which I prefer, which I try to capture and, if ever
possible, enhance with the help of light and ropes.
7)
Which are the difficulties you come across in the creation of your masterpiece?
The
difficulties vary depending on the kind of project : they can be linked to the setting
we choose, climatic conditions, character and emotionality of the model or her state
of mind at the moment of the performance, as well as the light which may be more
or less favorable, which I usually control with the help of portable flash units
and other equipment to better mould the body of the model. Working outdoors, in
public places increases the tension and loads me with responsibility towards my
crew which accept to work in situations which are often at the limit of
legality. Tension and emotion don’t help the model, which is exposed and
vulnerable in difficultly controllable situations, having to rely blindly on my
professionalism as well as that of my staff.
8) What
hides behind the final click …. What does it add to the project?
The
final click is the shot that amongst all the ones taken during the session mostly
represents and expresses the emotions that my model an myself were craving to share.
When this happens the whole project stands, without it all efforts are vain.
9) Alberto,
how does it feel when towards the end of the creation you capture the image
with your shots?
It’s
overwhelming, a joy which penetrates the soul, a big gratification for my ego.
10)
Shooting performed shibari is a normal operation, but all this has a different
meaning to you, the versatile qualities of your artistic spirituality allow you
to extend the “possession” of your creation …. You create it, you
perform it, you shoot it, stimulating, demanding, is it a normal process for
you or is it a need?
I
would say both, it comes natural because it blends two big passions : photography
which is a part of all my life and shibari which permeates my artistic research
since 15 years. At the same time it is a need driven by my professional
inclination, yet before the artistic one, to create my own subjects. In fashion
I choose the styling, the look, the make-up, the poses and expressions of the
model which from my point of view are more appropriate to transfer the message
I want to convey. It was a logical
consequence that in my artistic photos I should be the one in charged to create
the subject following my emotions rather than interpreting someone else’s.
11)
Location, consciousness of the body structure, technical knowledge of the ties,
what is your attention mainly focused on?
Strangely
enough what I take less care about is the tying technique, which represent for
me a means and not the purpose and which
must basically contribute to the final aesthetics. Obviously I don’t withdraw
from the functional aspect for safety reasons. The representation of the
sculptural aesthetics of the body and an adequate setting which enhances even
more it’s characteristics from an emotional point of view are the elements I
mainly concentrate on.
12)
The different types of ties are mainly structural or symbolic solutions?
I
would define them as graphical, there is a minimum amount of structure required
to support the model, for the rest I look for solutions with lines that track well-balanced
and eye catching paths, as required by the Japanese school of thought.
13
) Which type of evolution have your works had?
The
more evident one is from indoors to outdoors: at an early stage I was more
concentrated on the ropes, I needed to experiment, to learn and the quiet of
the studio was perfect for this. Successively however the repetitively of the
background, the impersonal and unrealistic aspect which resulted was not
sufficient any more, I felt the need to collocate my “sculptures” in a living
frame which could contribute and which could also transmit and express emotions
…..
14)
Which one of your pictures would you choose as a summary of your experience?
Surely
the one in Venice, Piazza S. Marco, it’s the one in which all the elements I
wish to see in a photo are resumed and expressed with the correct balance and
proportion.
15)
Alberto, in which context will this passion evolve in the future?
The
line which at the moment gives me greater satisfaction is the one which involves
“risky” artistic performances, which grant you that one-off shot, like the one
in Venice. I only have to imagine which will be the setting for my next
creation …. S. Peter’s – Rome? The Eiffel Tower – Paris?
Giovanni Piccirilli
Vanessa
Scamarcia
Traduzione Barbara Schmidt