Stefano Re
Uno studio inquietante e rigoroso, supportato da fonti e sperimentazioni scientifiche ma al tempo stesso facilmente accessibile anche ai profani di psicologia e sociologia, che disegna la mappa dei condizionamenti cui la mente umana può venire sottoposta e le più efficaci strategie per contrastarli.
Al di sotto delle apparenze e delle chiacchiere, il maschio come “genere culturale” si sta estinguendo.
Il femminismo già aveva messo in crisi il ruolo dominante del maschio nelle società industrializzate, ma dagli anni Settanta in poi, in ogni ambito: culturale, sociale, professionale, nel cinema e nelle pubblicità si è andato sviluppando un lento ma costante processo di erosione dei “caratteri” maschili.
L’evolversi di una civiltà sempre più basata sull’intelligenza flessibile, sulla capacità di adattamento e la mediazione dei conflitti personali e sociali, vede il maschio mostrare i primi segni dell’usura e dell’inefficacia laddove le donne dimostrano adattabilità alle esigenze della società mediatizzata e sono immuni da alcune tare ereditarie del maschio e come tali evolutivamente destinate a dominare la società del futuro.
I miei pensieri. I miei pensieri si rincorrono da soli, trovano ogni risposta e poi la perdono per il gusto di ritrovare la domanda. È buffo: credevo di essere diventato insensibile, poi ho capito. Quello che provo sono sentimenti, ma non emozioni. Provo rancore, ma non rabbia; dispiacere, ma non dolore; contentezza, ma non gioia – e via così. Le emozioni sono finite bruscamente in me, da un giorno all’altro, come girando un interruttore. Ho raggiunto il mio limite, forse l’ho persino sorpassato, e ora sento soltanto dentro, sotto, in fondo all’anima, senza che il fuoco raggiunga la superficie. Nei miei fiumi di follia carsica è passata troppa furia, troppo a lungo, troppo e basta. Ho sempre avuto il cuore di un bambino, che si fida, che grida di felicità per un sorriso e sprofonda nell’angoscia per un broncio. Ho tenuto al guinzaglio il mio cuore per decenni, l’ho lasciato andare solo quando ormai non avevo più nulla da cui difendermi – tranne me stesso. Sapevo che si sarebbe scatenato, sapevo che mi sarei fatto male, ma non mi importava: anche questo va fatto, anche questo va vissuto.È stata dura risalire in superficie, specie per chi poi di stare a galla non ha nessuna intenzione. Intendiamoci, non che preferisca sprofondare. È solo che non vedo motivo di far tanta fatica: io non ho niente da dimostrarmi. Come che sia, a galla son tornato, l’abisso mi ha guardato dentro tanto a lungo che è diventato me, e nel mio giardino fiorisce quel che decido, fiori velenosi inclusi. E così le mie emozioni se ne sono andate in pensione. Dicono che nessun uomo è un’isola. Forse non sono un uomo.Ho vissuto ogni genere di minuto. Minuti che corrono, minuti infiniti: me li sono lasciati dietro. Ho perso il senso del tempo, o forse lui ha perso me. Non so che ore siano, che giorno sia. So che è notte perché fuori dai vetri la nebbia è illuminata dai lampioni, tutto qui. Mi basta. Non mi serve il tempo, può andare dove gli pare. Non ho fretta, non me la prendo comoda – soltanto ne sto fuori. Vi lascio gli orologi, i calendari, le sveglie e le agendine. Guardo nello specchio aspettandomi un vecchio, vedo un ragazzino. Il tempo non vuole accompagnarmi, è rimasto indietro e non riesce a raggiungermi. E tutti questi film.Mi sveglio ed è notte. Mi alzo dal letto mentre gli altri ci entrano, do’ il cambio al mondo che ho abbandonato e mi immergo nelle mie tenebre. Sapete perché il buio fa paura? Perché non sai mai che cosa può esserci dentro, in agguato. Beh, a me non fa paura: io so che cosa c’è dentro, in agguato.
Ci sono io.