Creazioni Giove (artigiano del Bdsm)
BDSM - CULTURA
B.D.S.M CULTURA
venerdì 2 maggio 2025
giovedì 11 gennaio 2024
Ipnosi erotica, il gioco davvero oltre la tua portata.
Se ne parla in rete e non solo: leggenda metropolitana o veicolo di piacere da sperimentare con tutte le cautele del caso?
Il campo del sesso insolito è soggetto, come qualsiasi altro, a mode e manie passeggere. In parte ciò è dovuto alla tendenza a cercare sempre nuovi divertimenti tipica delle persone curiose, in parte all’imitazione e in parte allo sbagliatissimo ma frequente celolunghismo di chi pensa di dover mostrare un piumaggio più colorato della concorrenza per attrarre un po’ d’attenzione. Questo è il motivo, per esempio, per cui durante gli anni Novanta s’è vista una corsa verso abiti di latex sempre più elaborati e sgargianti, o per cui dall’inizio del secolo le intricatezze del bondage giapponese hanno quasi completamente sostituito il “vecchio” stile occidentale di legare i propri partner di letto.
L’ultima fissa sembra essere quella dell’ipnosi erotica, che dopo essere stata per decenni una minuscola sottocultura è esplosa di colpo arrivando perfino in giri mainstream quali Vice. Negli ultimi mesi pare che ci sia un sacco di gente che la pratica alle feste kinky, tiene seminari sul tema o partecipa a incontri piccoli e grandi dedicati a mandar qualcuno in trance per scopi sessuali.
E che dire delle legioni di Svengali de noantri che spuntano come funghi online? A questo punto, mi pare il caso di esaminare il fenomeno più da vicino.
Ipnosi erotica, il gioco davvero oltre la tua portata
Se ne parla in rete e non solo: leggenda metropolitana o veicolo di piacere da sperimentare con tutte le cautele del caso?
Il campo del sesso insolito è soggetto, come qualsiasi altro, a mode e manie passeggere. In parte ciò è dovuto alla tendenza a cercare sempre nuovi divertimenti tipica delle persone curiose, in parte all’imitazione e in parte allo sbagliatissimo ma frequente celolunghismo di chi pensa di dover mostrare un piumaggio più colorato della concorrenza per attrarre un po’ d’attenzione. Questo è il motivo, per esempio, per cui durante gli anni Novanta s’è vista una corsa verso abiti di latex sempre più elaborati e sgargianti, o per cui dall’inizio del secolo le intricatezze del bondage giapponese hanno quasi completamente sostituito il “vecchio” stile occidentale di legare i propri partner di letto.
L’ultima fissa sembra essere quella dell’ipnosi erotica, che dopo essere stata per decenni una minuscola sottocultura è esplosa di colpo arrivando perfino in giri mainstream quali Vice. Negli ultimi mesi pare che ci sia un sacco di gente che la pratica alle feste kinky, tiene seminari sul tema o partecipa a incontri piccoli e grandi dedicati a mandar qualcuno in trance per scopi sessuali.E che dire delle legioni di Svengali de noantri che spuntano come funghi online? A questo punto, mi pare il caso di esaminare il fenomeno più da vicino.

Il fascino dell’ipnosi erotica è piuttosto chiaro, e non è nulla di nuovo. Se siete abbastanza navigati da rammentare le orride vendite per corrispondenza che si trovavano nelle ultime pagine delle riviste da parrucchiere ricorderete che i manuali tipo ‘diventa un ipnotista invincibile!’ erano un classico assieme agli occhiali a raggi X e ai corsi di body building in 7 giorni.
lunedì 3 aprile 2023
Da dove nascono i pregiudizi sessuali?
Se in questi giorni avete un’ora e mezza di tempo libero ho un consiglio per voi: guardatevi questa conferenza di Paolo Attivissimo dedicata al complottismo. Per chi non lo conoscesse, Paolo è un “cacciatore di bufale”, o ‘debunker’ – un appassionato di scienza che si diverte a esaminare affermazioni roboanti, le smonta, e spesso rivela realtà molto meno spettacolari ma altrettanto interessanti. Naturalmente di questi tempi si occupa spesso di fake news, ma una sua passione sono anche i complotti di qualsiasi genere, che in questo caso spiega in una chiave tanto semplice quanto efficace. Spoiler: la gente crede alle peggiori scemenze perché è troppo attaccata alle proprie convinzioni, e cambiarle richiede un po’ di studio. E non sia mai che si voglia fare la fatica di pensare!
Ma cosa c’entra tutto ciò con le sessualità insolite di cui si occupa questo sito? Il fatto è che il lavoro che faccio mi porta spesso a confrontarmi con persone che nutrono idee piuttosto strane riguardo il sesso – anche quello che più tradizionale non si può. C’è chi è convinto che il segreto di una vita erotica stupefacente consista nell’ingerire prodotti dai poteri magici, nel seguire contorti insegnamenti mistici o nel sottoporsi a un regime di esercizi improbabili; chi si rovina la vita combattendo la (peraltro inesistente) teoria gender; chi ha deciso che il suo peggior nemico sia la sessualità dei gay, delle donne, degli uomini, dei bambini o delle persone transessuali. Di solito, va detto, si tratta di individui gravemente repressi, con seri problemi di integrazione sociale o semplicemente a caccia di polli cui svuotare il portafoglio… ma anche la cosiddetta scena kinky non se la passa troppo meglio.
Potrei citare la grande attivista LGBT che mi ha serenamente detto in faccia come la “sua” comunità sia apertissima perché «tollera anche i deviati del BDSM», o quel pilastro dell’ambiente italiano che in queste settimane sta portando avanti una battaglia per discriminare i feticisti. Ci sono forum di dozzine di pagine dedicati agli «abusi e crimini sessuali» perpetrati durante eventi kinky dei quali gli accusatori dichiarano candidamente di non sapere nulla, perché non vi hanno mai partecipato. Abbiamo battaglie surreali fra fazioni di personaggi assolutamente convinti che la loro visione dell’eros sia l’unica accettabile, tipo quella fra i feticisti dei palloncini scoppiati e quelli che li mantengono integri, o fra furry asessuali, attivi… o nazisti. Potrei andare avanti con molti altri esempi, ma forse è meglio fermarsi qui.
L’elemento comune in tutte queste storie è proprio l’arroccamento assurdo su preconcetti insensati, basati su meccanismi che ho riconosciuto nei cospirazionisti trattati – con grande umanità, oltretutto – da Attivissimo. Torno a consigliarvi di ascoltarlo, perché le cose si identificano sempre più facilmente quando si incontrano fuori dal contesto al quale siamo abituati. Poi, disinnescare i pregiudizi da cui deriva tanta infelicità sarebbe davvero semplice. Basterebbe studiare un po’, se non sui miei libri almeno sulle decine di altri fatti apposta per comprendere meglio l’universo della sessualità. Le risposte, quelle vere, sono a portata di mano. Basta essere onesti con se stessi, e mettersi in discussione.
sabato 9 aprile 2022
“Il BDSM sopravviverà ad Internet?”
Quando nel 1987 fondai per la prima volta un gruppo di supporto BDSM (Variations II, o Section B 12, come fu conosciuto più tardi) su Compuserve1, mi assicurarono che non ci sarebbero stati più di una quarantina di membri per via del fatto che si trattava, capisci, di una perversione. Tutti dicevano che eravamo una microscopica minoranza. Nessuno tranne noi voleva sapere alcunché di relazioni master/slave, o di come legare correttamente qualcuno. Da accanita lettrice, avevo letto tutto quello che potevo sul BDSM e sapevo che gli psichiatri asserivano che eravamo una specie rara, noialtri feticisti con fantasie BDSM. Per tutta la vita amici ed amanti avevano continuato a dirmi che la gente normale non aveva il tipo di fantasie e di sentimenti che avevo io. Perciò, l’idea che fossimo soltanto uno sparuto gruppetto di persone aveva senso. Ma quando, solo due anni più tardi, richiesi io stessa l’iscrizione, scoprii che la statistiche di Compuserve mostravano che più di 75.000 persone si erano collegate per leggere, navigare, imparare e. probabilmente, masturbarsi vigorosamente. La cosa mi colpì profondamente. Era il 1989, prima che la maggior parte della gente avesse un computer. Il web non esisteva ancora. La quantità di gente che si era iscritta al mio gruppo era stupefacente. Per la prima volta mi resi conto che i desideri BDSM non erano così rari come tutti sostenevano.Per i baby boomers2, il mondo del BDSM on line degli anni ’80-’90 fu una benedetta introduzione alla realizzazione sessuale. Slave matt: sapevo fin da ragazzino che il BDSM era eccitante. Non me ne resi conto, comunque, sino al college. Anche quando fui finalmente in grado di dare un nome ai miei desideri, avevo comunque paura di metterli in pratica. Finii il college, seguii per tre anni l’università e subito dopo mi sposai, a 27 anni. Il matrimonio era amorevole, ma privo di passione e la mia libido finì in animazione sospesa…
Poi nel 1984 comprai un modem, mi iscrissi a Compuserve, e, ricordandomi dei miei vecchi interessi, finii in una chat BDSM ( Da “Different Loving Too”)
Internet cambiò radicalmente il BDSM attraverso l’offerta di infinite opportunità di informarsi, vederlo in azione, guardare delle foto, imparare e , soprattutto, entrare in contatto con altri appassionati. Nancy Ava Miller3 Quando cominciai, non c’era nulla. Capii la mia missione. Seguii degli incontri alla TES4, e quando tornai nel Nuovo Messico, fondai il PEP. Poi andai a Washington e aprii una filiale del PEP anche lì, un gruppo che poi sarebbe diventato The Black Rose. Oggi, con Internet ci sono gruppi in quasi ogni piccola città d’ America cui si può fare riferimento. ( Da “Different Loving Too”) Oggi viviamo in un mondo dove Internet ha completamente trasformato la qualità della vita e le opportunità sociali delle persone kinky. Nel 1993 se non vivevi in una grande area metropolitana, o almeno vicino ad essa, non avevi possibilità di incontrare altri come te. Nel 1993 il BDSM sembrava una piccola e quasi sconosciuta stranezza sessuale. Nel 2015, sappiamo che decine, se non centinaia di milioni di adulti in tutto il mondo, amano qualche forma di sesso strano abbastanza da far loro cercare le migliaia di siti dedicati agli incontri ed alla pornografia specializzata che si occupano di sesso alternativo. (Da “Different Loving Too”)
Internet ha dimostrato che il conformismo sessuale è una finzione dell’immaginazione bacchettona, e che, avendone l’opportunità, gli adulti ricercano la varietà sessuale, la creatività, l’intensità e l’avventura. Oggi possono scoprire nuovi fetish – o scoprire che li avevano sempre avuti e che adesso hanno un modo per comunicare con altri come loro.
Fakir Musafar5: Oggi la gente mi riconosce come pioniere in molti campi. Per esempio, sono considerato un pioniere nel corseting perché, nel 1959-1961 mi dedicai al revival dei corsetti. Il revival prese piede, ed i social media ebbero una parte importante nel suo successo. Faccio parte di un gruppo dedicato che partì su Facebook con 30 membri, e che oggi ha migliaia di membri grazie alla forza di internet. (Da “Different Loving Too”) E, caspita, è saltato fuori che la gente ama il BDSM. Molta più gente di quanto chiunque avesse immaginato. Le cifre degli iscritti ai due più importanti siti di incontri BDSM sono rivelatrici. FetLife dichiara più di 3,5 milioni di iscritti nel mondo, gente che già pratica o che sta cercando altri che vogliano fare BDSM con loro. Recon Leather Dating (Recon.com) ugualmente dichiara milioni di iscritti gay e bisessuali in tutto il mondo. Il mondo BDSM odierno è lo specchio della cultura Internet. E’ frammentato e specializzato e più che una comunità consolidata è una specie di pluritentacolare Cthulhu socio-sessuale. (Da “Different Loving Too”) E qui sta forse la fregatura: come fai ad avere una comunità di decine di milioni di persone, la maggior parte delle quali si mantiene anonima on line e che non si affaccerà mai ai corsi o agli eventi sociali e che ancor meno sarà in grado di garantire per sé o per altri? Nel BDSM la familiarità alimenta la fiducia. La Scena ha centinaia di delicati meccanismi consolidati – dai gruppi chiusi ai dungeon monitor, all’ostracismo dei predatori sessuali – che si stanno rapidamente disfacendo a causa dell’influenza dei nuovi arrivati.
Deborah Addington6 Quando fui introdotta per la prima volta, beh, dovetti essere introdotta, letteralmente. I praticanti si affidavano l’un l’altro per costruire la comunità. Non c’era proprio modo di scovare un evento e decidere semplicemente di andarci. Questo in generale non è più vero; vai su internet e trovi qualcosa da fare o a cui partecipare praticamente ogni giorno della settimana. Nel processo di diventare più visibili ed accessibili – il che ha i suoi vantaggi – abbiamo perso l’aspetto della connettività personale come componente essenziale della costruzione di una comunità. Il nuovo mondo BDSM è molto più ampio. Include chiunque, dai pervertiti della domenica al praticante più specializzato, esperto e rifinito, sino al Master Sputafuoco che ha appena comprato una frusta e annuncia di essere Goreano.(Da “Different Loving Too”)
Nella sua forma corrente, la comunità BDSM che abbiamo conosciuto sinora sta ancora in piedi? E, cosa più importante, è ancora necessario avere una simile Comunità nel 2016 come era importante negli anni ’80 e ’90?
Sybil Holiday7: Ho visto la comunità leather cambiare tantissimo dagli anni ’80, quando cominciai a farne parte. Non so se, fra vent’anni, ci sarà più una comunità “leather”. E’ possibile che il leather diventi nient’altro che un sottoinsieme del “kink”. (Da “Different Loving Too”).
Sono d’accordo con Sybil su questo. Ora che i giovani hanno accesso istantaneo al BDSM e che si sentono assai più autorizzati a praticare BDSM e feticismo, come potrà sopravvivere una reale Comunità basata su tradizioni, codici, regole, protocolli e pratiche etiche? Abbiamo già assistito ad un significante declino della partecipazione ai club ed agli eventi ed io credo che accada perché quelli che hanno meno di 40 anni non la pensano allo stesso modo dei loro genitori e non vogliono o non hanno bisogno delle stesse istituzioni che noi una volta ritenevamo cruciali per la nostra sopravvivenza come comunità BDSM
Naturalmente, la sessualità BDSM di per sè è immortale. Non c’è periodo della storia umana in cui la gente non fosse interessata al sesso selvaggio, feticista, alternativo. Ma lo stesso Internet che ci ha così efficacemente aiutati ad espandere la nostra comunità in un fenomeno mondiale potrà ugualmente bene decretare la fine della necessità di una Comunità BDSM come noialtri vecchi la conoscevamo.
E magari è una buona cosa, qualcosa che dovremmo considerare come una conquista, tutto sommato. Se i giovani non si sentono più isolati e sessualmente oppressi come ci sentivamo noi, significa che l’enorme lavoro che gli attivisti hanno speso in termini di educazione e diffusione al vasto pubblico ha avuto successo. Il mondo adesso conosce la safeword, ed il “sano, sicuro e consensuale”, e, come noi, si è accorto che non siamo la piccola minoranza emotivamente travagliata che era una volta la nostra etichetta, ma semplicemente normali adulti con desideri sessuali insoliti ma accettabili. Non è questo il sogno che tutti volevamo realizzare, in qualche modo? Anche se i miei amici sulla Scena significano tutto per me, e nonostante che io sia grata di aver fatto parte di questo storico movimento culturale per la maggior parte della mia vita adulta, io accetto il cambiamento. In realtà, io amo questo cambiamento. Significa che siamo cresciuti coi tempi. Penso che il BDSM sarà più grande e più forte che mai on line, ma che la rilevanza delle comunità BDSM organizzate e delle loro tradizionali strutture e servizi dovrà evolversi per soddisfare nuovi valori culturali determinati dalla tecnologia, o rassegnarsi all’estinzione.
Note alla traduzione
1) Compuserve Società di servizi informatici nata nel 1969, assai prima di internet. Offriva servizi in dial-up e restò importante sino agli anni ’90 del secolo scorso. Attualmente è ancora una fornitrice di servizi informatici, di proprietà di Verizon.
2) Baby Boomers Con baby-boomers si intende la generazione di cittadini USA nati tra il 1945 ed il 1964, come parte di un notevole incremento demografico conosciuto come Baby-Boom.
3) Nancy Ava Miller è una famosa mistress americana che ebbe un ruolo importante negli anni ’80 nella diffusione della cultura e della informazione sul BDSM, fondando per tutti gli Stati Uniti una serie di gruppi di supporto denominati PEP – People Exchanging Power
4) TES The Eulenspiegel Society, la più antica organizzazione di supporto ed educazione BDSM, fondata nel 1971 a New York.
5) Fakir Musafar pseudonimo di Roland Loomis (1930) artista performativo e pioniere della Body Modification con tecniche come il piercing, il tight-lacing (corseting), la scarificazione, il tatuaggio e la sospensione con uncini infitti nella carne.
6) Deborah Addington scrittrice ed educatrice sessuale, ha pubblicato manuali sul fisting e sul body piercing
7) Sybil Holiday sulla scena sin da 1981, prodomme dal 1983 al 2005, membro della Society of Janus, autrice di testi sul sadomasochismo consensuale, educatrice ed attivista SM
http://www.legami.org/articoli/articoli_dettaglio.asp?code=515
http://www.legami.org/articoli/articoli_dettaglio.asp?code=515
venerdì 21 agosto 2020
Un atto di fiducia
Nel momento in cui si fa kinbaku chi viene legato demanda una parte della propria libertà ad un’altra persona. Il top e il bottom stabiliscono dei limiti, ma nel fare kinbaku si avrà a che fare con sofferenza, eccitazione, contatto fisico; questo significa che non si può fare tutto quello che si vuole, ma che comunque ci si dà il mutuo permesso di avere un’esperienza intima e profonda. Avere contatti sessuali oppure no, essere nudi oppure no, giocare con la sofferenza o essere più delicati…questi sono limiti; legare senza nemmeno toccarsi o come si legherebbe un pacco è giocare con le corde, non fare kinbaku. Nel bondage uno dei due partner si sottomette all’altro, alle sue corde; il bondage prevede l’immobilizzazione e la gestione del proprio corpo da parte di un’altra persona. Per fare questo è necessario una forte fiducia reciproca in modo da sapere che nessuno si approfitterà dell’altro, che non verranno superati i limiti che sono stati fissati e che ognuno conosce bene le proprie capacità tecniche e fisiche. Per questo è consigliabile legare e farsi legare da poche persone con cui costruire un rapporto di fiducia e conoscenza. Ci deve essere un momento di conoscenza, di prova, di informazione; si parla dei vari aspetti tecnici, si guardano libri e video, si parla, si fanno domande quali “possiamo provare questa legatura?” o “come lo esegui tu quel passaggio?” o “perché fai questa cosa?”; poi nel tempo si deve creare un rapporto per cui alla fine si può giocare affidandosi con fiducia al partner. Ecco che allora potranno emergere gli aspetti più intimi delle corde: la sottomissione, il controllo, la sofferenza, l’umiliazione, la vergogna. Servono tempo, dialogo e tanta voglia di mettersi in gioco. Tutto questo è un dono che due persone si fanno, liberamente, nel pieno rispetto di sé e dell’altro; un dono molto importante e che va trattato come una cosa molto preziosa.
Esposizione e vergogna
La sottomissione nel bondage non è semplicemente il farsi legare e demandare la propria libertà all’altro, non è solo stare in ginocchio o essere messa in posizioni scomode, ma è anche l’apprezzamento della sottomissione stessa, della vergogna, e la capacità di farlo capire al partner. La cultura giapponese è molto più formale di quella occidentale e il senso del pudore è molto più sentito: quando ad una modella giapponese vengono scoperti i seni o vengono messe in mostra le mutandine o le si fa notare che si sta eccitando, ella prova un senso di vergogna a cui noi occidentali non siamo abituati. Anche il lasciarsi legare per un occidentale non è fonte di sottomissione; per un giapponese, per il suo background culturale, è un motivo di un velato senso di umiliazione. Il poter cogliere queste sfumature culturali anche da parte di una persona occidentale offre sicuramente un approccio più profondo al nostro modo di fare corde in generale.
venerdì 5 giugno 2020
Su arte e Bdsm
Di: DowonNonMYKNees
Di: DowonNonMYKNees

Ci sono cose che ad un occhio allenato sfuggono... e ci sono connessioni che solo la mente di un adepto di questo mondo può cogliere. Tengo a precisare che con questo scritto non voglio assolutamente erigermi a profonda conoscitrice del BDSM ma solamente condividere degli stimoli che oggi discutendo di una corrente artistica del 900 mi hanno colto di sorpresa e che mi hanno inaspettatamente eccitata. Che questo mondo fosse in qualche intrinseca maniera considerabile arte lo avevo già pensato: i ruoli e il rigore con cui si vivono, la bellezza del corpo vissuto come prezioso strumento e non solo come semplice oggetto del desiderio, l'adorazione di una slave verso il suo Padrone, le sadiche carezze di chi Domina e la musica dei gemiti di piacere misto al dolore di chi devoto subisce. Approfondendo la PERFORMANCE ART mi sono chiesta se certi artisti sapessero che le loro performance fossero ricollegabili ad alcuni principi fondamentali del BDSM. Prendiamo per esempio Marina Abramovic, artista serba che ha consacrato tutta la sua esistenza ad un’arte del corpo che sfidi e mostri i limiti morali e fisici della nostra razza. “Non ho mai voluto morire, ho solo voluto provare quanto lontano potevo spingere lo spirito del mio corpo”... di fronte a tale dichiarazione impossibile non pensare all'importanza che il BDSM dá ai limiti. In particolare una sua performance mi ha colpita: la "Rythm 0", che si svolse nel 1974, nella Galleria Studio Morra di Napoli. La donna restò per sei ore a completa disposizione del pubblico: fra lei e gli spettatori un tavolo pieno di oggetti, da fiori a strumenti di tortura e persino una pistola con un colpo. Chiunque era autorizzato, in queste sei ore, a fare tutto ciò che voleva all’artista con quegli oggetti, ferirla, muoverla, denudarla… Non era Marina il reale oggetto dell’opera, in mostra bensì erano le reazioni del pubblico, la sfrenata curiosità nel poter fare tutto senza conseguenze, il poter sbirciare dalla “serratura” di quelle sei ore la libertà e l’impunità. Dapprima le reazioni furono pacate fra chi faceva foto e chi qualche toccatina coraggiosa, ma dopo un’ora la curiosità ha prevalso e da lì l’istinto e la bestialità, l’emotività sfrenata e l’ebbrezza della scoperta. Marina venne denudata, ferita, palpata, legata,fra chi le asciugava le lacrime di dolore e chi le succhiava il sangue dal collo e, persino, chi le mise la pistola in mano poggiandole il dito sul grilletto. L’artista, in tutto questo, rimase passiva, muta eccetto i gemiti di dolore, “un burattino nelle mani del pubblico", come si definì lei stessa. Scadute le sei ore, iniziò a muoversi, a ricomporsi e a camminare con passo fiero fra la folla che l’aveva torturata. Valie Export, ecclettica artista austriaca, scandalosa e femminista, altamente provocatoria e anticonformista, é stata una delle prime ad usare il corpo femminile per mettere in discussione lo sguardo maschile. Con la sua performance dal titolo “Genitalpanik” del 1968, in cui entrò in un cinema a luci rosse a Monaco di Baviera coi pantaloni in pelle tagliati dall’inguine alle natiche che lasciavano il suo sesso bene in vista in tutto il suo fulgore, dalla grandi labbra al pelo, è riuscita ad evocare nella mia mente l'immagine di un'altera Mistress in grado allo stesso tempo di intimorire e innescare uno sfrenato dediderio. Scopro poi Vito Acconci che nelle sue performance chiamate "Trademarks" (marchi di fabbrica) del 1970 si morde tutte le parti del corpo raggiungibili dalla bocca così da lasciare un'impronta profonda e perfettamente distinta della sua dentatura sulla pelle. Le sue performance sono incentrate sull'uso del corpo come mezzo espressivo relativamente allo spazio in cui è situato. Le sofferenze rivolte al proprio manifestarsi fisico, le pubbliche umiliazioni e le pratiche masochistiche gli permettono di approfondire la conoscenza del proprio corpo. Un sapere che guadagna valore perché nasce dal dolore. Ed è proprio attraverso il dolore, in questo caso autoinflitto, che si ampliano i propri orizzonti percettivi. Impossibile a chi vive questo mondo fatto di mille sfaccettature non pensare ai doni che un Padrone o una Mistress può lasciare sulla pelle del suo oggetto, come i graffi o gli stessi morsi... che diventano un timbro di possesso e allo stesso tempo un gioiello intimo da custodire finché il tempo della guarigione non lo cancellerà. E il potere del dolore di farci superare la concezione di noi stessi portandoci in una nuova dimensione. E per finire, la performance che incarna il principio forse più importante del BDSM: la fiducia.Il 19 novembre del 1971, alle 19.45, in una stanza della galleria F-Space di Santa Ana in California, un uomo è immobile, spalle al muro e di fronte a lui un amico, zitto. Vittima l’uno, carnefice l’altro, per pochi minuti appena: il gioco di ruolo in cui un giovane convinto dal suo amico artista si ritrova di fronte ad un fucile calibro 22 affidandosi totalmente a lui e a ciò che lui ha nella sua mente.L’artista dinanzi al suo amico dirige l’azione, mantenendo una flemma epica. “Sei pronto Bruce?”. Pronto. Ed ecco che posiziona l'arma, rallentando il tempo e contraendo lo spazio, vertiginosamente. Tra i due una coltre di non senso, o forse di eccessiva lucidità. Volontà, travestita d’incoscienza.Spara. Mira e non sbaglia. La morte in una frazione di secondi, poi la vita, feroce come una buco nel braccio.In questo sparo troviamo il coraggio di colui/colei che "segue" di andare oltre i propri limiti affidandosi completamente all'altra persona, e la capacità di chi conduce di testare il legame in sicurezza e con estrema consapevolezza.
domenica 26 aprile 2020
giovedì 5 dicembre 2019
L'Intervista
Hikari Kesho
1) Alberto Lisi ,quali sono le dinamiche che l hanno condotta ad osservare e amare la cultura orientale?
Sono sempre stato attratto dalle arti marziali, ho praticato judo e karate e questo successivamente mi ha portato ad avvicinarmi alle filosofie di pensiero orientali, approcciando non solo la parte artistica ma anche quella spirituale.
2) Ha memoria del suo primo approccio consapevole allo schibari?
Certo! Ho cercato di copiare una legatura sulla mia sventurata modella e musa del momento, che avevo visto facendo delle ricerche in merito, ovviamente con scarsissimo successo, dovendo slegarla immediatamente per il dolore inflitto sia dal tipo di legatura che di corde usati.
3) Tre sono le dimensioni da valutare a da vivere quando si parla di shibari : quella del creatore,il Rigger, quella della modella,quella dello spettatore. Signor Alberto Lisi ce le può illustrare ?
Il mio approccio artistico con lo shibari è più fotografico che performantico, per cui lo spettatore nel mio caso è il fruitore dell’immagine fotografica più che l’osservatore di uno spettacolo dal vivo, mentre Rigger e modella sono i creatori di un’opera che vive del suo momento ultimo, dell’istante finale in cui l’estetica raggiunge la sua massima espressione.
4) Potremmo associare lo shibari alla scultura?
Assolutamente si, è proprio ciò che spinge la mia ricerca artistica ad usufruire di questa tecnica: utilizzare le corde come mezzo per trasformare il corpo della modella in una vera e propria scultura vivente.
5 ) Come si dispiega tecnicamente la creazione di una sua opera?
E’ un processo abbastanza lungo, che parte dall’individuazione del soggetto, spesso frutto di un’ispirazione data da un luogo, da un’atmosfera o da una modella con particolari caratteristiche, poi c’è il progetto grafico, inteso come composizione che dovrà avere il soggetto all’interno della foto, la parte organizzativa e quella esecutiva, che comportano entrambi una serie di problematiche spesso aumentate dalla particolarità delle locations scelte.
6) Ottenuta la padronanza di tale disciplina,la quale comporta una notevole maestria,cosa ad Alberto Lisi preme di esprimere?
La bellezza, il fascino, l’erotismo…qualità che ritengo intrinseche nel corpo umano, nella fattispecie quello femminile che io prediligo, che cerco di immortalare e, se mai fosse possibile, esaltare con l’aiuto di luce e corde.
7) Quali sono le problematiche che incontra nella realizzazione di una sua opera?
Le problematiche variano a seconda del tipo di progetto: possono essere legate alla location scelta, alla situazione climatica, al carattere o emotività della modella o al suo stato d’animo al momento della performance, come anche alla luce più o meno favorevole, che di regola gestisco con l’ausilio di flash portatili e attrezzature varie per meglio plasmare il corpo della modella. Lavorare inoltre in luoghi pubblici all’aperto amplifica la tensione e mi carica di grande responsabilità nei confronti dei miei collaboratori che si prestano a situazioni sul filo della legalità. Tensione ed emozione non aiutano nemmeno la modella, che si trova esposta e vulnerabile in una situazione difficilmente controllabile, dovendo così affidarsi ciecamente alla professionalità mia e del mio staff.
8) Cosa cela lo scatto finale....cosa invece aggiunge a tutta la progettazione ?
8) Cosa cela lo scatto finale....cosa invece aggiunge a tutta la progettazione ?
Lo scatto finale è quello che, tra tutti quelli effettuati durante la sessione, maggiormente riassume ed esprime le emozioni che io e la mia modella avevamo in animo di esprimere, quando questo avviene l’intero progetto ha avuto ragione di esistere, al di là di esso ogni sforzo sarebbe stato vano.
9) Alberto,cosa prova quando sul finire della creazione immortala l immagine con i suoi scatti?
E’ un tripudio di sensi, è una gioia che pervade l’anima, una grande gratificazione dell’ego .
10) Normale operazione e' fotografare lo schibari eseguito,ma per lei tutto cio' ha un significato diverso, le qualità eclettiche del suo spirito artistico le permettono di dilatare il ''possesso'' della sua creazione.....lei la esegue ,lei la fotografa , stimolante ,impegnativo ,e' un processo per lei assolutamente naturale o una esigenza?
Direi entrambi, mi viene in modo assolutamente naturale dato che nasce dall’unione di due grandi passioni: la fotografia che mi accompagna da tutta una vita e lo shibari che pervade le mie ricerche artistiche da circa 15 anni. Allo stesso tempo è un’esigenza data dalla mia abitudine professionale, prima ancora che di artista, di creare da me i soggetti che vado a fotografare. Nella moda scelgo lo styling, il look, il trucco, pose ed espressioni della modella più adatti a trasmettere il messaggio che voglio esprimere, era una logica conseguenza che nelle mie foto artistiche fossi io a creare il soggetto seguendo le mie emozioni e non interpretando quelle di qualcun altro.
11) Studio dell ambientazione,consapevolezza della struttura del corpo umano , conoscenza tecnica delle legature , dove si proietta maggiormente la sua attenzione?
Paradossalmente quello di cui mi curo meno è la tecnica delle legature, che ripeto per me rappresentano un mezzo e non un fine e che devono principalmente contribuire all’estetica finale. Ovviamente non prescindo dall’aspetto funzionale per ragioni di sicurezza della modella .La rappresentazione dell’estetica scultorea di un corpo e un adeguata ambientazione che ne esalti ancor di più le caratteristiche sul piano emotivo, sono gli elementi su cui più mi concentro.
12) Le diverse tipologie di legatura sono maggiormente delle soluzioni strutturali o simboliche?
Direi “grafiche”, di strutturale c’è il minimo indispensabile per il sostegno della modella, per il resto cerco soluzioni le cui linee traccino percorsi equilibrati e gradevoli all’occhio, come del resto impone la filosofia di pensiero giapponese.
13 ) Le sue realizzazioni che tipo di evoluzione, a suo parere, hanno perseguito?
La più palese è il passaggio dallo studio all’esterno: nella prima fase ero più concentrato sulle corde, avevo bisogno di sperimentare, imparare e la tranquillità dello studio ben si confaceva allo scopo, ma poi in seguito la possibile ripetitività degli sfondi, l’aspetto asettico e poco realistico che ne risultava, non mi bastava più, avevo bisogno di collocare le mie “sculture” in un ambiente che avesse anch’esso qualcosa da raccontare, qualche emozione da esprimere…
14) Quale fra i sui scatti fotografici mi propone come sunto della sua esperienza ?
Sicuramente quello fatto a Venezia in piazza S.Marco, è quello in cui maggiormente si riassumono e si esprimono nel giusto equilibrio, tutti gli elementi che desidero in una mia foto.
15) Alberto nel futuro ,questa sua passione in che contesti si proietterà?
La linea che in questo momento mi stimola di più è quella delle performance artistiche un po’…azzardate, che sfociano nella realizzazione di uno scatto spesso irripetibile, come appunto quello realizzato a Venezia, devo solo individuare chi farà da sfondo alla mia prossima creatura…S.Pietro? la Torre Eiffel?
Giovanni Piccirilli
Vanessa Scamarcia
Interview
– Hikari Kesho
1) Alberto
Lisi, what has driven you to look into and, at one point, fall in love with oriental
culture?
I
have always been attracted by martial arts, I have practiced judo and karate to
the extent that I began to get involved with oriental philosophy, approaching
not only the artistic side but also the spiritual one.
2) Do
you remember your first conscious approach to shibari?
Of
course! While doing some research I came across a tie which I tried to copy on
my unfortunate model, my muse at the moment, obviously with very little success.
I had to untie her rapidly for the pain that both the tie and the type of rope
used were causing.
3) There
is a 3D approach when speaking about shibari : the creators point of view, otherwise
known as the Rigger, the model and the spectator. Mr. Alberto Lisi, would you
like to explain?
My
artistic approach with shibari is more photographical than performant so in my
case the spectator “uses” the image rather than assisting to a live performance
act, while Rigger and model are the creators of a work which takes nourishment from
its very last moment, that final instant in which aesthetics meets its highest form
of expression.
4) Could
we associate shibari with sculpture?
Absolutely,
it’s what drives my artistic research to the use of this technique : using
ropes to transform and enhance the body of the model as if it were a true living
sculpture.
5 )
How does the creation of your work evolve from a technical point of view?
It’s
a relatively long process, which starts with identifying the subject, often
motivated by an inspiring location, an atmosphere, a model with particular
characteristics. Successively there is the graphical project, in the sense of how
the subject should be composed inside the photo. Last but not least, the
organization and the execution which both bring a number of issues, often
increasingly so due the choice of “original” settings.
6) Having
obtained mastery in this discipline, which requires a good amount of competence,
what does Alberto Lisi want to express?
Beauty,
fascination, eroticism …. those qualities which are innate in the human body, more
precisely a woman’s body which I prefer, which I try to capture and, if ever
possible, enhance with the help of light and ropes.
7)
Which are the difficulties you come across in the creation of your masterpiece?
The
difficulties vary depending on the kind of project : they can be linked to the setting
we choose, climatic conditions, character and emotionality of the model or her state
of mind at the moment of the performance, as well as the light which may be more
or less favorable, which I usually control with the help of portable flash units
and other equipment to better mould the body of the model. Working outdoors, in
public places increases the tension and loads me with responsibility towards my
crew which accept to work in situations which are often at the limit of
legality. Tension and emotion don’t help the model, which is exposed and
vulnerable in difficultly controllable situations, having to rely blindly on my
professionalism as well as that of my staff.
8) What
hides behind the final click …. What does it add to the project?
The
final click is the shot that amongst all the ones taken during the session mostly
represents and expresses the emotions that my model an myself were craving to share.
When this happens the whole project stands, without it all efforts are vain.
9) Alberto,
how does it feel when towards the end of the creation you capture the image
with your shots?
It’s
overwhelming, a joy which penetrates the soul, a big gratification for my ego.
10)
Shooting performed shibari is a normal operation, but all this has a different
meaning to you, the versatile qualities of your artistic spirituality allow you
to extend the “possession” of your creation …. You create it, you
perform it, you shoot it, stimulating, demanding, is it a normal process for
you or is it a need?
I
would say both, it comes natural because it blends two big passions : photography
which is a part of all my life and shibari which permeates my artistic research
since 15 years. At the same time it is a need driven by my professional
inclination, yet before the artistic one, to create my own subjects. In fashion
I choose the styling, the look, the make-up, the poses and expressions of the
model which from my point of view are more appropriate to transfer the message
I want to convey. It was a logical
consequence that in my artistic photos I should be the one in charged to create
the subject following my emotions rather than interpreting someone else’s.
11)
Location, consciousness of the body structure, technical knowledge of the ties,
what is your attention mainly focused on?
Strangely
enough what I take less care about is the tying technique, which represent for
me a means and not the purpose and which
must basically contribute to the final aesthetics. Obviously I don’t withdraw
from the functional aspect for safety reasons. The representation of the
sculptural aesthetics of the body and an adequate setting which enhances even
more it’s characteristics from an emotional point of view are the elements I
mainly concentrate on.
12)
The different types of ties are mainly structural or symbolic solutions?
I
would define them as graphical, there is a minimum amount of structure required
to support the model, for the rest I look for solutions with lines that track well-balanced
and eye catching paths, as required by the Japanese school of thought.
13
) Which type of evolution have your works had?
The
more evident one is from indoors to outdoors: at an early stage I was more
concentrated on the ropes, I needed to experiment, to learn and the quiet of
the studio was perfect for this. Successively however the repetitively of the
background, the impersonal and unrealistic aspect which resulted was not
sufficient any more, I felt the need to collocate my “sculptures” in a living
frame which could contribute and which could also transmit and express emotions
…..
14)
Which one of your pictures would you choose as a summary of your experience?
Surely
the one in Venice, Piazza S. Marco, it’s the one in which all the elements I
wish to see in a photo are resumed and expressed with the correct balance and
proportion.
15)
Alberto, in which context will this passion evolve in the future?
The
line which at the moment gives me greater satisfaction is the one which involves
“risky” artistic performances, which grant you that one-off shot, like the one
in Venice. I only have to imagine which will be the setting for my next
creation …. S. Peter’s – Rome? The Eiffel Tower – Paris?
Giovanni Piccirilli
Vanessa
Scamarcia
Traduzione Barbara Schmidt
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